Nemmeno la bora ferma i fedeli: in migliaia per la Madonna della Salute
Un costante pellegrinaggio fin dal mattino nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Una tradizione che si rinnova dal 1849

Una ritualità che si rinnova ogni anno, partecipata, con un lento, inesorabile, viavai lungo l’irta scalinata che porta alla chiesa di Santa Maria Maggiore, e che venerdì neppure le raffiche di bora hanno fermato.
Le celebrazioni della Madonna della Salute anche quest’anno hanno raccolto in preghiera migliaia di fedeli, che per l’intera giornata, come in una sorta di lento pellegrinaggio, hanno raggiunto la chiesa di via del Collegio per raccogliersi in preghiera già dalle primissime ore del mattino.

Due i momenti più partecipati nel santuario, quello che alle 11 ha visto la celebrazione solenne presieduta dal vescovo Enrico Trevisi – alla quale hanno partecipato il sindaco, il prefetto, i rappresentanti delle altre comunità religiose e della forze dell’ordine – e poi l’incontro pomeridiano dello stesso vescovo con i bambini e infine, in serta, la Santa Messa con la benedizione della città dal sagrato con il quadro della Madonna della salute.
Tutto come tradizione, con un programma e un’organizzazione immutata nei decenni. Con la prima messa già alle 6.30, i banchetti con i calendari, le cartoline e i lumini (oltre 20 mila) che poi silenziosamente, in coda, i fedeli hanno atteso per farli accendere e sistemare sotto l’effige della Madonna dai volontari. Questi ultimi, anche quest’anno, hanno avuto un ruolo chiave nel supportare i devoti più fragili, nella raccolta delle offerte, nella gestione del costante flusso di persone.

Quella della Madonna della Salute è una ritualità corale della tradizione triestina, un rito collettivo della città, che catalizza in quella chiesa anche chi non fa un segno della croce o non dice una preghiera tutto l’anno, e che si fa risalire a un fatto straordinario avvenuto nel 1849.
In quell’anno, infatti, come riporta la stessa parrocchia, vi fu «la cessazione immediata, per intercessione della Vergine Maria, della terribile pandemia di colera che colpì duramente la città e che dilagò nel resto del nord Italia». Un evento straordinario preceduto da un altro fatto miracoloso che aveva rinsaldato la devozione alla Vergine Maria: il sanguinamento inspiegabile di un busto di marmo della Madonna dei Fiori.
Una statua rinvenuta casualmente da un oste, Ferdinando Patarga, detto Fior, che pensò di collocarla vicino al suo campo di bocce. «Ma un giorno un giocatore, irritato per aver mancato il punto, tirò con violenza la sua boccia contro l’immagine sacra che cominciò a sanguinare a lungo, fissando sulla fronte della Vergine un segno indelebile, ancor oggi ben visibile», scrive la parrocchia. Un evento che rinsaldò la devozione dei triestini alla Vergine Maria.
E fu così che allo scoppio della terribile pandemia, il popolo di Trieste volle affidarsi alla benevolenza della Madonna, con quella statua che il 15 ottobre 1849 fu portata in processione per le vie della città. Un mese dopo, a Santa Maria Maggiore, il vescovo celebrò un solenne pontificale “per Grazia ricevuta”, con la partecipazione calorosa dei sopravvissuti e delle autorità civili. Fu quello l’inizio della tradizione che ancor oggi anima Santa Maria Maggiore e le celebrazioni per la Madonna della Salute.
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