Mangiarotti, crisi di liquidità ma commesse fino al 2017

Crisi di crescita, con timori per il pagamento dei fornitori e degli stipendi, alla Mangiarotti, azienda leader nella realizzazione di componenti in pressione per impianti di raffinazione del petrolio, del gas e per centrali nucleari. Nello stabilimento inaugurato poco più di un anno fa (il terzo, dopo quelli di Pannellia di Sedegliano e di San Giorgio di Nogaro, che occupa circa 180 persone), nei giorni scorsi i sindacati e le Rsu hanno incontrato i vertici dell’azienda per comprendere l’effettiva situazione finanziaria, dopo che erano circolate voci su «problemi di liquidità» legati proprio allo realizzazione dello stabilimento monfalconese.
«L’occupazione non è neanche in discussione - avverte Gianpiero Turus, segretario provinciale della Fim-Cisl - come non ci sono problemi dal punto di vista industriale: il portafoglio ordini prevede commesse fino al 2017...». Alle Rsu di Monfalcone e Pannellia e ai segretari territoriali di Gorizia e Udine, i vertici dell’azienda hanno spiegato che sono in corso una serie di operazioni per superare un momento non facile sul piano della liquidità. Va ricordato in proposito, che lo stabilimento di Monfalcone ha richiesto un investimento di 120 milioni, che la Mangiarotti ha reperito attraverso un pool di banche e che ora sta restituendo secondo un piano concordato.
Per illustrare ai lavoratori la situazione e i contenuti dell’incontro, i sindacati hanno convocato una duplice assemblea, martedì prossino alle 15, nello stabilimento di Monfalcone e in quello di Pannellia. «E’ una realtà in evoluzione - osserva ancora Turus -. L’azienda ci ha detto che sta adottando possibili soluzioni. Attendiamo con fiducia che ci dia buone notizie».
In effetti di problemi finanziari e di liquidità alla Mangiarotti aveva già parlato il nostro giornale un mese fa, parallelemente alla necessità di assumere 50 operai altamente specializzati entro il 2013.
Avendo già contratto debiti per costruire lo stabilimento al Lisert, al momento le banche sono restie ad aumentare l’esposizione nei confronti della Mangiarotti, che ha bisogno di liquidità in attesa di incassare fatture per 20 milioni maturate negli ultimi tre mesi. Si tratta di fatture per stati di avanzamento dei lavori o per materiali - si apprende da fonti aziendali - che per pagarle le banche, paradossalmente, chiedono garanzie fino al momento della consegne dei relativi impianti, previste fra alcuni mesi.
Ma come in una perversa spirale gli stessi istituti bancari non danno queste garanzie alla Mangiarotti, già indebitata per la costruzione dello stabilimento monfalconese. L’alternativa sta nel rivolgersi ai fondi di investimento, che però, in cambio di liquidità, chiedono di entrare a far parte del capitale sociale.
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