Marzo 1946, Gorizia sfilò reclamando la sua italianità

Il Comune e la Lega nazionale di Gorizia hanno ricordato anche quest’anno in largo 27 marzo, con la deposizione di una corona, le grandi manifestazioni di piazza del 26 e 27 marzo 1946. In quei giorni i cittadini fluirono nelle vie e piazze della città per affermare l’identità italiana di Gorizia davanti alla Commissione interalleata giunta in città per definire i confini tra Italia e Jugoslavia.
Gorizia esplose di tricolore: uomini e donne portavano coccarde rosse bianche e verdi e dai balconi delle case sventolavano le bandiere italiane.
«È sempre molto importante ricordare queste giornate indimenticabili perché oggi si vuole sacrificare la nostra identità, la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra lingua per meri interessi economici ed è per questo che quanto riportato sulla targa apposta dalla Lega nazionale nel 1952 in via Locchi al civico 1 e più che mai attuale: “Da questa casa partì l’impeto popolare che rigetto assurda pretesa straniera sulla nostra città santa e alla commissione interalleata nel travolgente plebiscito del marzo 1946 lancio alto il grido qui è Italia”», ha detto il presidente della Lega nazionale di Gorizia Luca Urizio. «Se oggi Gorizia è italiana, lo dobbiamo anche a quelle 30 mila persone che hanno manifestato nel 1946. Dico loro semplicemente grazie», le parole del sindaco Rodolfo Ziberna.
La partigiana patriota medaglia d’oro al valor militare Paola Del Din, socia della Lega Nazionale, ieri non ha potuto partecipare alla cerimonia, ma ha mandato un messaggio: «Tengo a dire che ricordo benissimo quelle giornate e l’ansia che teneva tutti noi, amanti della Patria e della sua salvezza, con il cuore sospeso in attesa di notizie: “Avranno i goriziani il coraggio di sollevarsi in dimostrazione nonostante le forze presenti?”. Lo avete fatto e, sia pure con la città ridotta, vi siete salvati dalla dura occupazione e siete rimasti italiani. Inoltre le dimostrazioni del 26 e 27 marzo 1946 sono servite a convalidare presso gli stranieri quello che in tanti sostenevamo: non si trattava di chilometri quadrati, ma della volontà di coloro che colà vivevano. Grazie». —
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