Mascherine fuori norma: la Finanza di Gorizia ritira 60 milioni di pezzi

GORIZIA Oltre 60 milioni di mascherine ritirate in una mattinata. Assume la dimensione di un maxi sequestro l’intervento operato ieri in tutt’Italia dalle Fiamme gialle di Gorizia. Che, in esecuzione del provvedimento spiccato dal sostituto procuratore Paolo Ancora – titolare del fascicolo aperto al momento contro ignoti per l’ipotesi di reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci, articolo 517 del Codice penale –, hanno prelevato l’ingente quantitativo da una dozzina di depositi. Dispositivi ritenuti «pericolosi per la salute», poiché si presume non siano conformi alle normative vigenti. Si sospetta la frode in commercio e per questo si indaga.
Le protezioni facciali giacevano in dodici magazzini logistici della Sda, dislocati su tutto il territorio nazionale, in attesa di essere distribuite. I principali a Cesano Maderno (Milano) e Pomezia (Roma): solo nel deposito lombardo i finanzieri hanno sequestrato ieri uno stock di 34 milioni di pezzi. L’operazione nasce da una precedente inchiesta della Procura di Gorizia sui dpi assegnati alle aziende sanitarie del Friuli Venezia Giulia e in uso a medici, infermieri e operatori.
Si tratta del residuo di forniture, per circa 250 milioni di pezzi, ereditato dalla precedente gestione (Arcuri) della struttura nazionale per l’emergenza. Dalle analisi preliminari svolte su alcuni campioni nella prima tranche d’indagine, con successivo stop a 1, 6 milioni di protezioni in regione, era emersa una capacità filtrante inferiore. A svolgere i cosiddetti «rapporti di prova», ai sensi delle norme Uni 149, il personale di una ditta torinese riconosciuta nella rete globale dei certificatori e per questo ingaggiata dalla Gdf. L’attività di laboratorio, attraverso sofisticate apparecchiature, aveva rilevato la carenza nei requisiti richiesti per la qualifica di “dispositivi di protezione”: il «coefficiente di penetrazione era decisamente superiore agli standard previsti».
E in alcuni casi la capacità di fungere da filtro alle particelle era risultata «addirittura 10 volte inferiore a quanto dichiarato», con «conseguenti rischi per il personale sanitario che le aveva utilizzate nella falsa convinzione che potessero garantire un’adeguata protezione». Oltre al ritiro delle mascherine nei depositi, i finanzieri hanno provveduto, sempre ieri, ad acquisire documentazione e dati informatici nella sede romana dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa spa (Invitalia), al fine di «ricostruire le responsabilità nella catena di approvvigionamento e verificare quante mascherine della stessa tipologia siano state impiegate o sono tuttora in uso su tutto il territorio nazionale», sempre la Gdf. «Al momento non ci sono indagati perché stiamo ricostruendo le modalità e i soggetti che hanno partecipato all’acquisizione e alla commercializzazione dei dispositivi di protezione individuale», ha chiarito sempre ieri il Procuratore capo Massimo Lia.
Che ha ricordato l’avvio dell’inchiesta a febbraio.Quando si era proceduto al sequestro di oltre un milione e mezzo di dpi dai magazzini dell’asl a Pordenone. «Grazie ai campionamenti effettuati, che hanno evidenziato una notevole difformità sulla capacità di filtraggio rispetto a quanto dichiarato e previsto dalla norma sulle mascherine Ffp2 – ha aggiunto –, si è deciso di allargare il sequestro a tutt’Italia».
«Le mascherine – ha concluso Lia – sono di produzione cinese. Procederemo con ulteriori comparazioni per verificare se anche quelle sequestrate ora presentano le medesime imperfezioni, tanto da renderle pericolose per l’uso da parte del personale sanitario cui erano destinate». La Gdf ha sottolineato la collaborazione offerta dall’attuale staff del Commissario per l’emergenza, nel corso dei sequestri. Ieri, quindi, il salto di qualità nell’inchiesta. La parte più corposa dell’indagine prende avvio da qui, dall’analisi dei documenti, tutti su supporto informatico, acquisiti e duplicati dai tecnici forensi delle Fiamme gialle.
I militari dovranno ricostruire le modalità di acquisto delle mascherine, i prezzi, capire se vi siano stati intermediari, come si è svolta la gara. Dai dettagli su bolle, documenti di viaggio e altri atti si capiranno i contorni della vicenda. Ma come funzionano gli aspetti della certificazione? Secondo quanto appreso, stanno a monte. Il certificatore è in genere cinese o turco, che attribuisce i codici Kn 95 o Ffp2. Nelle transazioni fa fede la certificazione che accompagna i prodotti. Tutti aspetti, anche questi, al vaglio. L’operazione s’inserisce nei controlli mirati alla prevenzione e contrasto di illeciti correlati all’emergenza sanitaria anche nell’importazione, produzione e commercio dei dpi, a tutela della leale concorrenza sul mercato e della sicurezza dei consumatori.
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