Massaggiatrici cinesi, le nuove “schiave”

Si fanno chiamare Angela, Sandra, Chiara. Non sono i loro veri nomi, ma così i clienti si ricordano di loro con più facilità. Sono le nuove “schiave” della Chinatown triestina che dalle 10 alle 22 lavorano senza pausa nei centri massaggi sorti come funghi in più punti della città. E molto frequentati dagli uomini, anche appena diciottenni.
Queste giovani, arrivate per lo più da pochi anni in Italia, sono costrette a lavorare 365 giorni all’anno, Natale, Pasqua e Capodanno inclusi. Fanno massaggi, alcune accettano anche di offrire prestazioni sessuali – come confermato dalle indagini guidate dal pm Federico Frezza – puliscono il locale dove sono impiegate e a fine giornata, esauste, sono costrette a rientrare negli appartamenti che l’organizzazione che le ha portate a Trieste ha affittato per loro. Pranzo, cena o un attimo di relax si consumano comunque all’interno del locale destinato ai massaggi. Nessuna va al bar a prendersi un toast o una coca cola.
«Non abbiamo una vita privata, un ragazzo con il quale uscire o la possibilità di andare in qualche locale con le amiche», racconta una giovane con gli occhi a mandorla che lavora in uno dei centri massaggi delle laterali di via Roma e che per sicurezza preferisce non venga indicato il suo nome: «A tarda sera, finito di lavorare, dobbiamo rientrare in appartamento». Appartamento che, nel caso della ragazza in questione, si trova a due passi dall’Ospedale Maggiore. Sul campanello è bene in vista un cognome cinese. Lì vivono solo alcune delle giovani reclutate per lavorare nel centri massaggi: le altre sono sistemate in vari alloggi sparsi in città.
A chi frequenta i centri massaggi le giovani raccontano poco o niente della propria vita. Ma con chi magari si dimostra più gentile o affidabile si lasciano scappare qualche indiscrezione. Ecco allora che emergono anche dettagli sul loro arrivo nel nostro Paese. La maggior parte ha pagato dai 10 mila ai 15 mila euro per venire in Italia. E lavorando riescono a restituire mensilmente il debito contratto con l’organizzazione che le ha portate qui. Vitto e alloggio sono gratis.
«Solo ogni due mesi – racconta la giovane che si fa chiamare Liù – riusciamo a ottenere un permesso che il più delle volte utilizziamo per andare a trovare i nostri parenti sparsi nel resto d’Italia. Molte di noi, prima di arrivare a Trieste, hanno lavorato a Milano, Bologna o Treviso».
Le ragazze che nei centri massaggi triestini non superano i 24 anni d’età percepiscono ogni mese dai 700 ai 900 euro. In linea di massima sono tutte regolarmente assunte. Una busta paga serve loro anche per il rinnovo del permesso di soggiorno. Le giovani che arrivano in Italia alla ricerca di qualche opportunità di guadagno sono in gran parte originarie delle zona più povere della Cina: giungono dalla provincia nord-orientale del Liaoning, dallo Yunnan (sud-ovest), dal Sichuan o dal Guizhou.
Le porte dell’Occidente si aprono loro nel caso riescano a trovare un uomo disposto a sposarle, a prendersi cura di loro. In quel caso possono svincolarsi dall’organizzazione e proseguire per la loro strada, senza però dimenticare di estinguere il debito sottoscritto a suo tempo con chi le ha portate qui. (l.t.)
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