Maxisequestro di coca diretta a Trieste

Quasi 120 chili scoperti a Gioia Tauro in un container destinato al nostro Porto. Erano nascosti tra il caffè partito dal Brasile
Di Corrado Barbacini

Quasi 120 chili di cocaina purissima. Droga destinata al Porto di Trieste. È stata scoperta dai finanzieri in un container appena sbarcato al Porto di Gioia Tauro, che avrebbe dovuto essere imbarcato su una nave diretta verso lo scalo di casa nostra. La copertura della droga, che al dettaglio avrebbe fruttato circa 24 milioni di euro, era un carico di caffè proveniente dalla città brasiliana di Santos e destinato, appunto, a Trieste.

Il sequestro è stato messo a segno qualche giorno fa ma la notizia è stata diffusa solo ieri mattina. La droga era stata sistemata in tre borsoni, del peso di circa 40 chili l’uno. Erano stati sistemati tra i sacchi di caffè all’interno di un container spedito, circa un mese prima, dal porto brasiliano. Ma la merce e dunque anche la droga proveniva originariamente dalla Colombia. Le tre borse piene di cocaina sono state individuate - così si legge in una nota della Procura di Reggio Calabria - «attraverso una serie di incroci documentali e grazie a sofisticati controlli effettuati attraverso gli scanner».

Ma è evidente che dietro al maxisequestro della droga destinata a Trieste, messo a segno con la collaborazione dei doganieri, c’è stata un’attenta e complessa attività di intelligence che indica il diretto coinvolgimento di esponenti della Ndrangheta. In particolare si parla di informazioni acquisite in Colombia e contestualmente in Calabria e poi rielaborate dagli investigatori della Dda.

Non sfugge poi a nessuno che le indagini sulle quali viene mantenuto un riserbo assoluto si stiano intanto sviluppando proprio nel Porto di Trieste. Questo perché il carico di caffè, che avrebbe dovuto essere ritirato dopo lo sbarco, sarebbe stato destinato proprio a un deposito in città. Le tre borse, contenenti in totale esattamente 119,035 chilogrammi di cocaina, avrebbero infatti dovuto essere prese da qualcuno al momento dell’apertura del container. Ed è in questa direzione che ora puntano le indagini.

Non è un segreto che il Friuli Venezia Giulia sia attraversato di continuo da imponenti flussi di droghe pesanti come la cocaina e anche l’eroina. E alcuni dei più potenti boss hanno scelto la regione non solo per i loro incontri “d'affari”, ma anche per far approdare carichi di decine se non centinaia di chili di sostanze proibite. Lo dimostra il fatto che lo scorso 30 gennaio i carabinieri del Ros di Udine hanno intercettato al centro commerciale delle Torri d’Europa Luka Dacic, 47 anni, originario di Prijepolje e residente in Montenegro. Con i suoi abiti eleganti blu e i suoi documenti falsi pensava di confondersi tra il popolo dello shopping. Già condannato a sette anni, secondo i carabinieri, invece, l'uomo per anni è stato un “pezzo grosso” del narcotraffico internazionale, in grado di movimentare centinaia di chili di droga alla volta: tra i piani dei trafficanti l’arrivo al porto di Trieste di una partita di circa 200 chilogrammi di cocaina in un container di legname.

Ma c’è di più. Qualche tempo prima i trafficanti colombiani avevano contattato un «portuale», come era stato definito nel rapporto dei carabinieri del Ros, che alle 14.15 del 5 luglio 2007 aveva incontrato al bar Gabbiano di Riva Grumula il colombiano Alfonso Cortes Gueso, ritenuto il capo della rete distributiva della cocaina nel Nordest. Il «portuale», a quel tempo impiegato in una ditta di spedizioni di via Belpoggio, non è mai stato indagato anche se per mesi il suo telefonino è stato intercettato. «Non ho nulla da nascondere - aveva affermato -. Non potevo sapere che le persone che ho incontrato quel giorno erano trafficanti di cocaina. Uno di loro, un certo Victor, lo avevo conosciuto a Cartagena in Colombia, durante un convegno di spedizionieri cui ero stato mandato dalla mia ditta. Quattro anni dopo mi ha telefonato per chiedermi informazioni».

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