Mediocredito Fvg in rosso di 7,1 milioni

«Serve una svolta» Ravidà: «Dobbiamo ampliare l’attività della banca dal credito a breve termine sino ai conti correnti online»
sterle trieste 16 06 08 le case ater di v lorenzetti pres perla lusa assessore ravidà
sterle trieste 16 06 08 le case ater di v lorenzetti pres perla lusa assessore ravidà

di Marco Ballico

UDINE

La crisi impone una svolta. E Mediocredito Fvg, davanti a un “rosso” di 7,1 milioni, progetta un ampliamento dell’attività: dal credito a breve termine alle imprese ai conti correnti online, all’assistenza finanziaria agli enti locali. Giovanni Battista Ravidà, il presidente che si trova a governare il cambiamento, non ha un solo dubbio nell’individuare il colpevole di tale necessità, vitale per la banca: «La crisi mondiale, impossibile da prevedere in questi termini, ha rotto equilibri consolidati». Di qui anche l’esigenza, completata la ricapitalizzazione, di un probabile ulteriore innesto di capitali.

Presidente, nel 2007 l’utile era di 12,9 milioni, oggi si inabissa a -7,1. Cos’è successo?

Lo scenario è totalmente mutato, a partire dalla redditività. Nel 2012 il sistema bancario italiano ha perso con i suoi primi 15 gruppi oltre 1,5 miliardi di euro. Noi scontiamo zavorre supplementari.

Quali?

Siamo stati e in parte lo siamo ancora banca monoprodotto, ci siamo occupati sempre solo di credito a medio e lungo termine concentrando l’offerta sulle imprese, il settore meno remunerativo e con rischi più elevati.

Da dove partiamo per capire la perdita di oggi?

Da quando reperivamo notevoli disponibilità finanziarie a prezzi minimi, parlo di Euribor più 8 punti base nel giugno 2008, per obbligazioni dai 5 ai 7 anni; erano gli anni in cui alla riduzione di tassi e margini il sistema rispondeva con la strategia di forte spinta sui volumi; anche Mediocredito Fvg ha cavalcato il trend con lo sviluppo fuori regione, in Veneto principalmente, e la partecipazione a operazioni di pool promosse da altre banche.

Uno sbaglio?

Al tempo erano tutti soddisfatti. I risultati, in linea con i piani formulati, mostravano dati molto positivi. Dal 2006 al 2008 ogni esercizio ha segnato utili tra i 10 e i 13 milioni.

E poi?

Il mondo è cambiato: da un lato impieghi ritenuti prima tranquilli sono diventati di altissima rischiosità, dall’altro il costo della raccolta è cresciuto enormemente. A fronte di finanziamenti contrattualizzati a 15 anni, ci siamo ritrovati con costi che superavano il rendimento, non modificabile, di quelle operazioni.

Qualche errore, però, ci sarà stato se ci sono 300 milioni di crediti in anomalia?

Col senno di poi sì. Quel dato ha origine principalmente nel periodo che va dal 2006 al 2008, quando le valutazioni in sede di concessione erano figlie di una prospettiva profondamente diversa, con una percezione del rischio molto più contenuta. Nessuno s’immaginava ciò che sarebbe accaduto.

Bankitalia, in verità, aveva mosso più di una critica.

Siamo intervenuti di conseguenza e abbiamo rafforzato il presidio dei rischi, potenziato il sistema dei controlli interni e migliorato i processi operativi sostituendo il sistema informatico.

Niente più erogazioni fuori regione?

Lo stop era già iniziato nel 2011 ed è stato confermato dal piano 2012. Oggi il 99% delle nuove erogazioni riguardano imprese del Fvg, coerentemente agli indirizzi regionali; ciò, peraltro, ha portato a una riduzione di tre quarti del perimetro della potenziale domanda.

Come rimedierete?

Innanzitutto ampliando lo spettro di attività, in linea con le esigenze delle imprese che non chiedono solo mutui per investimenti, ma hanno esigenze di liquidità sul breve più intense e diversificate. Ma non può bastare. Dopo essere entrati nel retail, con il prodotto online “contoForte” che ha già oltre 6mila clienti, nel nuovo piano strategico prevediamo un nuovo step: da un’attività di sola raccolta di depositi a tempo all’offerta di un conto corrente online.

Come ogni altra banca?

Tranne l’attività di cassa, sì. È una delle ipotesi in discussione con la Regione.

Ha già incontrato Serracchiani?

Si, ma ho parlato ripetutamente con il vicepresidente Bolzonello, in attesa di un incontro con l’assessore Peroni. Il discorso è articolato, siamo in una fase di confronto costruttivo.

Serviranno investimenti?

Li stiamo quantificando, ma è inevitabile anche la necessità di qualche sacrificio. Da parte nostra ci muoveremo con la proposta del taglio dei compensi del 10%, a partire dalla mia indennità da 60mila euro lordi.

La ricapitalizzazione da 50,4 milioni è completata?

I 12 milioni residui saranno versati (4 della Regione e 8 della Fondazione CrTrieste ) con una nuova operazione che prenderà avvio subito dopo l’approvazione del piano strategico prevista i primi di giugno.

A cosa è dovuto il ritardo?

La Fondazione aveva chiesto alcune garanzie da inserire in statuto; ricevuto l’ok di Bankitalia, lo statuto è stato adeguato e ora, con l’approvazione del nuovo piano, l’aumento di capitale sarà completato.

Come si pone rispetto a un “rischio spoils system”?

Sono partito con totale spirito di servizio e non sono solleticato da ambizioni o obiettivi economici. Rimango disponibile a fare il presidente se ci sarà fiducia nelle persone e condivisione della mission. Non ci fossero, non esiterei al passo indietro.

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