«Meglio un hotel nell’ex scuola Scaramuzza»

Gli ex consiglieri gradesi Giorgio Marin e Fabio Zanetti spingono il recupero dell’edificio destinato a museo
Di Antonio Boemo

GRADO. Pieno appoggio di tutte le forze politiche e le categorie imprenditoriali gradesi allo sforzo che il commissario straordinario del Comune, Claudio Kovatsch, sta portando avanti per riportare nelle mani sulla struttura dell’ex scuola elementare femminile Scaramuzza. Un edificio di proprietà del Comune che aspetta di essere trasformato in Museo nazionale di Archeologia Subacquea da oltre quattro lustri, a distanza di poco meno di una trentina d’anni dal ritrovamento della nave oneraria romana “Iulia Felix”. Ma non basta. C’è il passaggio della struttura al Polo museale regionale che – questa la convinzione dei gradesi – probabilmente non risolverà nulla.

Il primo appoggio, non unicamente simbolico, a Kovatsch arriva da due politici che all’epoca militavano nel Pri gradese. Si tratta di Giorgio Marin e di Fabio Zanetti che, parlando della mancata apertura del museo, danno la colpa ai continui cambi di competenza nella gestione, a causa di complicazioni burocratiche senza fine e, probabilmente, anche a causa dei mancati stanziamenti per poter usufruire della struttura museale. «Conosciamo quali sono i tempi biblici della Soprintendenza - dicono - e conosciamo anche le difficoltà finanziarie dell’ente. Ma non crediamo affatto che il passaggio della gestione dalla Soprintendenza al Polo museale regionale, che ne diventerà il concessionario, non risolverà il problema». E aggiungono che «solo se la struttura museale ritornerà nell’orbita dell’amministrazione comunale, si potrà sperare in un’apertura al pubblico in termini ragionevoli ed eliminare finalmente dalla nostra bella e invidiata passeggiata a mare, l’attuale bruttura».

I due esponenti politici, così come all’epoca, al di là della sfera di competenza del Comune o del costituendo Polo museale regionale, ritengono sbagliata la scelta dell’ubicazione della struttura in un punto nevralgico per la promozione turistica e cioè il fronte mare. «Si potevano spostare questi resti archeologici – dicono Marin e Zanetti - in un’altra struttura che non avesse un’ubicazione così preziosa e dall’alto valore turistico, oppure direttamente ad Aquileia». E aggiungono: «Avremmo così potuto ospitare una struttura ricettiva con la impagabile vista sul mare, tanto richiesta dai nostri turisti e ospiti stranieri, incrementando l’occupazione e venendo incontro alle pressanti richieste del mercato». Su queste ultime dichiarazioni, che non mancheranno di suscitare qualche polemica, Marin e Zanetti ricordano che durante l’amministrazione a guida repubblicana, della seconda metà degli anni ottanta, era emersa tale indicazione per «cercare in tutti i modi di liberare il fronte mare da tutti gli edifici pubblici, trasferendoli in altre zone, per dotare la città di strutture alberghiere e ridare slancio alla nostra economia, rispondendo alle esigenze della clientela internazionale che ama Grado soprattutto per il suo mare e le sue spiagge».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © Il Piccolo