“Memoria”, il monumento dimenticato

Al nome Flossenbürg mancano la elle e la prima esse. Da tempo è così. Nessuno si è ricordato di saldare le lettere mancanti, nemmeno alla vigilia della Giornata della memoria. Tanto questo è un monumento figlio di nessuno: non lo è del Comune che non lo annovera nel suo patrimonio ma provvede alla pulizia; non lo è delle Ferrovie italiane proprietario del piazzale antistante la stazione: non lo è e forse non lo è mai stato dell’Aned, l’associazione nazionale dei deportati nei campi di concentramento nazisti. Questo era soprattutto il monumento di Milovan Bressan, morto a novembre dell’anno scorso all’età di 94 anni. Era uno dei pochi deportati - a Buchenwald e a Dachau - che era riuscito a sopravvivere. Ha voluto lui quel monumento, davanti alla stazione da cui partirono senza far ritorno anche tanti ebrei e deportati goriziani.
In vista delle cerimonie di oggi il sito è stato ripulito dai rifiuti propri di una sala d’attesa, come purtroppo viene utilizzato dagli studenti, parecchi dei quali sono giustamente coinvolti nelle manifestazioni odierne o nei treni della memoria. Eppure, quanti di questi hanno degnato di uno sguardo il monumento di Bressan?
«Il Comune è pronto a prendersi cura del monumento non appena sarà chiarita la proprietà. L’occasione propizia può anche essere la celebrazione odierna», assicura il sindaco Romoli.
Il monumento ricorda i nomi delle tragiche località dei campi di sterminio: l’ultimo a destra è la risiera di San Sabba. Le condizioni strutturali del manufatto sono abbastanza buone, in fondo è stato inaugurato appena il 29 aprile del 1990. È costruito in cemento armato, propone una lastra in bronzo e spesse catene di acciaio. Roba ostica per i vandali. Una targa in metallo ai piedi del monumento ricorda che “questo monumento è stato portato a compimento con dedizione e tenacia dal presidente dell’Aned Milovan Bressan (progetto Pierluigi Pizzul)”.
Il piazzale della stazione, che si chiama piazzale Martiri per la libertà, tra lapidi e monumenti rende omaggio ai deportati, ai partigiani caduti nella battaglia di Gorizia e all’ingresso delle truppe italiane l’otto agosto del 1916. C’è un po’ la storia di Gorizia, enorme, tragica, oggi silenziosa e dimenticata.
Per consentire a un commerciante di allestire un chiosco per la vendita di piadine è stato messo in moto un iter burocratico con i fiocchi, pieno zeppo di missive formali che sono la manna dei burocrati. Si spera che almeno per aggiungere una elle e una esse al nome di un campo di concentramento si possa farla più breve. Altrimenti pazienza: se tra un anno quelle lettere mancheranno ancora significa che ci scordiamo pure della Memoria.
Oggi, intanto, due appuntamenti. Alle 9.30 il sindaco Romoli, insieme alle altre autorità cittadine, deporrà una corona d'alloro. Alle 17 una delegazione dei Radicali di Gorizia porrà una rosa al monumento. (ro.co.)
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