Mieli: «Pupo fu il primo a parlare di foibe, paradossale dargli del negazionista»

TRIESTE «Raoul Pupo è stato il primo a squarciare il velo di silenzio sulle foibe, pagando anche un prezzo personale. Che ora lo si accusi di “riduzionismo” è un paradosso». Il giornalista e saggista Paolo Mieli interviene sul dibattito seguito alla mozione del Consiglio Fvg che “scomunica” il Vademecum per il Giorno del Ricordo dell’Istituto per la storia della Resistenza Fvg, firmato da Gloria Nemec, Raoul Pupo e Anna Vinci. E lo fa prendendo una netta difesa degli storici.
«Parlando in generale - esordisce Mieli - io sono contrario a ogni tipo di intervento pubblico contro libri, saggi o conferenze di storia. La ricerca è libera. Per questo motivo sono contrario anche alle leggi che puniscono il negazionismo, pur avversando quelle tesi. Il campo della storia deve esser lasciato libero, anche perché, come ho sempre pensato, si comincia intervenendo sul negazionismo e poi ci si estende a tutto il resto». Aggiunge ancora il giornalista: «Vicende come queste sono complesse, ben vengano le voci plurali. Non mi sognerei mai di negare le foibe, ma se qualcuno avanza delle obiezioni io leggo, studio e ribatto. Questo è il campo dello storico».
Enunciato il principio generale, Mieli prende in analisi il caso particolare: «In questo caso l’ordigno dell’intervento pubblico mi pare molto mal maneggiato da persone che non conoscono Raoul Pupo. Io ricordo bene che tanti anni fa, quando quasi non avevo sentito parlare di foibe, e del tema non si scriveva se non su qualche volume sepolto nel retrobottega delle librerie, l’unico che affrontava di petto questi argomenti era Raoul Pupo».
Prosegue ancora l’ex direttore del Corriere della Sera: «Una intera generazione di storici deve essere riconoscente a Pupo per avere integrato la conoscenza della storia d’Italia al confine orientale con studi molto approfonditi». Secondo Mieli a Pupo va riconosciuto il merito di aver «squarciato il velo» sul tema foibe: «A sinistra non si voleva trattare questo argomento scomodo. Per decenni anche gli storici che si erano occupati del confine orientale avevano preferito mettere in secondo piano quella vicenda. Pupo, pur provenendo da sinistra, non ha voluto chiudere gli occhi e ha scelto anzi di vederci chiaro. Non parliamo quindi di uno dei tanti, parliamo del primo e più importante studioso della materia».
Alla luce di queste considerazioni, conclude il giornalista, il risultato ottenuto dalla mozione di Forza Italia e della Lega si merita la definizione di «paradosso»: «Mi sembra quasi uno scherzo del destino che oggi proprio lui finisca sul banco degli imputati con l’accusa di essere un riduzionista o addirittura un negazionista. È qualcosa che non sta né in cielo né in terra».
Con questa presa di posizione Mieli si aggiunge alla lista di esponenti politici e mondo della cultura che in questi giorni si sono schierati in difesa del Vademecum. Nei giorni scorsi il presidente dell’Istituto per la storia della Resistenza Fvg Mauro Gialuz aveva rivendicato il ruolo del centro nello studio e nella divulgazione degli avvenimenti del confine orientale durante il secondo conflitto mondiale e subito dopo il suo termine. Una storia a cui Trieste fatica a mettere un punto. —
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