Migranti accampati in Porto Vecchio: presidio fisso delle associazioni
Le onlus denunciano 113 richiedenti asilo lasciati fuori dal circuito di accoglienza: «Coperte sottratte e profughi allontanati, ora basta: le istituzioni diano risposte»

I piccioni zampettano indisturbati tra avanzi di cibo e coperte consunte, a pochi centimetri dalle nuche di chi è ormai abituato a giacere sull’asfalto. Nemmeno il vociare dei volontari che da giorni presidiano quel luogo desta dal sonno i migranti, alcuni di loro sfiniti dopo una notte di pioggia trascorsa all’addiaccio.
Ics, International Rescue Committee, Linea d’Ombra, ResQ, Diaconia Valdase, No Name Kitchen e Fondazione Luchetta convocano la stampa sotto la tettoia di largo Santos per mostrare le condizioni avvilenti cui da settimane sono costrette decine di richiedenti asilo giunti dalla rotta balcanica. Almeno 113 – questi i numeri diffusi dalle onlus – i profughi che avrebbero presentato domanda di protezione internazionale ma a oggi in attesa di accoglienza.
«Nonostante nel mese di luglio sia stata riscontrata una riduzione dei tempi di attesa per l’accesso alla procedura di asilo, nelle ultime settimane – denunciano i volontari – è aumentato in maniera significativa il numero di richiedenti asilo che non riesce a registrare la domanda in tempi accettabili, comportando l’impossibilità per queste persone di usufruire di diritti fondamentali come quello all’accoglienza e a una completa presa in carico sanitaria».

Al contempo i trasferimenti verso altre regioni – che proseguono al ritmo di 60 persone a settimana – sono valutati «del tutto inadeguati e insufficienti, in un periodo, quello estivo, tradizionalmente segnato da maggiori arrivi». «Impedimenti» che costringono decine di migranti ad accamparsi per strada, sotto la pensilina di largo Santos o tra i magazzini del Porto Vecchio.
In molti casi si tratta di profili vulnerabili, come i quattro nuclei familiari che – testimoniano gli operatori – nelle ultime settimane non hanno dormito per strada solo grazie all’aiuto delle associazioni, che hanno messo a disposizione letti nei dormitori. Tra i sacchi a pelo donati dalla rete “Fornelli resistenti” si incontrano i volti di ragazzi, anche giovanissimi, con bisogni medici non soddisfatti bensì aggravati dall’impossibilità di accedere a un riparo.
Marginalità che, denunciano le onlus, nelle ultime settimane sarebbe stata acuita da «allontanamenti forzati» e, anche, dal «sequestro di beni essenziali, come coperte e scarpe». Accadeva il mattino del 12 agosto: quel giorno, in risposta, realtà solidali da tutta Italia hanno inviato a Trieste centinaia di coperte
Resta però la forte condanna delle associazioni. «Una pratica vessatoria e inaccettabile in uno Stato di diritto», ribadisce Lorena Fornasir di Linea D’Ombra, che assieme ad altri volontari ormai da nove giorni presidia l’androne del Porto Vecchio dalle 7 del mattino «per impedire che tali scenari si ripetano».
«La legge dice che devono essere accolti, non sgomberati», recita uno degli striscioni srotolati attorno ai giacigli dei profughi. Le associazioni chiedono «la sospensione immediata degli allontanamenti forzati e delle pratiche di sequestro dei beni personali» e «l’accesso immediato all’accoglienza per tutte le persone richiedenti asilo», oltre «all’aumento dei trasferimenti in misura adeguata agli arrivi» e «l’attivazione di una struttura ad alta rotazione per le persone in strada in attuazione degli obblighi Ue».
Infine l’appello ai cittadini, perché sostengano i presidi mattutini e contribuiscano alla raccolta fondi e beni organizzata da Fondazione Luchetta.
Riproduzione riservata © Il Piccolo