Miramare, morti i pesci del laghetto

Il soprintendente Caburlotto: «Erano carpe, buttate in acqua dai visitatori. Non abbiamo neanche rimpiazzato i cigni»
Di Gabriella Ziani

Pesci morti a mucchi. Pesci di una certa grandezza asfissiati, in agonia, nell’acqua che scorre sotto il ponticello del parco di Miramare che conduce al “parterre” e al bar. Là dove c’erano, e non ci sono più, i sontuosi cigni. Miramare torna ad attirare l’attenzione su di sè, ma stavolta per un’altra e diversa questione che solo lateralmente ha a che fare con la quota di finanziamenti destinati alla manutenzione generale.

Ad accorgersi delle bestie morte è stata domenica una visitatrice, che affacciandosi alla balconata del ruscello ha notato (con occhio diventato immediatamente professionale) i pesci che la pur scarsa corrente aveva ammucchiato, e gli altri che boccheggiavano. Ne ha provato infinita pena, ma poi è stata colpita anche dal tremendo odore che quei resti emanavano. Alice Victoria Marass, veterinario, ha subito cercato informazioni e aiuto, e consultando perfino il collega che è punto di riferimento dell’Acquario comunale.

«A tutta vista quei pesci sono carpe, e in quantità enorme - racconta -, le carpe sono pesci d’acqua dolce che molto spesso vengono ospitate nei laghetti dei parchi. Com’è possibile lasciar morire quelle povere bestie in modo così atroce? Non c’è un veterinario per gli animali di Miramare?». Marass ha anche scattato delle foto, e sono quelle pubblicate in questa pagina.

«No, un veterinario non c’è perché noi al parco di Miramare non inseriamo animali, non mettiamo pesci nei corsi d’acqua - risponde il soprintendente Luca Caburlotto, cui Miramare sta dando numerosi crucci, tanto che poche settimane fa ha fatto spegnere le luci notturne sul castello per denunciare il definanziamento -, quei pesci vengono buttati in acqua dai visitatori, dai cittadini di Trieste, anche se il regolamento lo vieta severamente».

Per l’impossibilità di prendersene cura, tra gli animali che non ci sono appaiono i cigni. Fino a qualche anno fa eleganti e corteggiatissimi. Naturalmente era vietato nutrirli, ma mangiavano tutto il giorno le briciole di pane lanciate dai bambini in visita. «Da quando sono morti non sono stati sostituiti» afferma Caburlotto. Che era già informato della morìa di pesci: «Morti per mancanza di ossigeno, perché nel laghetto il deflusso dell’acqua è scarso. Bisogna fare più manutenzione, il canale è stato pulito un anno fa, ed è stata asportata “una camionata” di detriti, per pulirlo bene bisogna escavare il fondo, abbiamo fatto una stima e servono 10-15 mila euro. Ma non siamo in grado di chiamare all’istante una ditta. Anche perché, mancando sempre i soldi, spesso in passato le ditte non venivano pagate per tempo, e adesso stentano a risponderci di corsa».

Attualmente chi fa pulizia e manutenzioni è in proroga dal contratto precedente, è mancato il finanziamento ministeriale per indire una nuova gara (da cui anche la nota mancanza di fiori), e questo mini-appalto non comprende l’incarico della pulizia degli alvei.

Peraltro il fenomeno degli animali “importati” si ripete più a monte al “laghetto dei loti”, con pesci rossi e numerose tartarughe. Secondo il soprintendente anche questi vengono abbandonati da cittadini incuranti.

«Il laghetto era putrido - racconta turbata la veterinaria -, ho pensato che ci fosse stata un’infezione microbica. Per i pesci rossi del “laghetto dei loti” la situazione è meno grave, perché sono una specie molto resistente, e anche le tartarughe (specie “californiana”), purtroppo in vendita e poi abbandonate, si dimostrano molto adattabili a ogni ambiente. Ma le carpe, pesci così grandi, e tanti, io dubito - ragiona Marass - che siano state buttate da cittadini. E comunque, come è possibile tollerare animali morti in un parco, e animali in agonia?».

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