Miriam è la campionessa nella patria del muay-thai «La mia ossessione, un sogno che si avvera»

La storia
C’è voluto del tempo, ma alla fine la goriziana Miriam Sabot ha ottenuto il rispetto dei thailandesi. La sua passione è la muay-thai, l’arte marziale orientale che unisce ai colpi di boxe e ai calci, le ginocchiate e le gomitate. Anche se le cose stanno lentamente cambiando, gli stranieri che la praticano non sempre sono considerati all’altezza. Lei non ha mai mollato, ci ha sempre creduto e, a quasi 37 anni, martedì ha conquistato al Thaphae boxing stadium di Chiang Mai, contro un’avversaria soprannominata “Terminator degli stranieri”, la cintura di campionessa della Thailandia del Nord. E appena tre giorni prima aveva battuto in un’altra categoria di peso la campionessa della Thailandia del Sud.
La sua storia parte da lontano. Da Gorizia, appunto. Era il 2006 e stanca ed annoiata dal gran numero di ore passate a fare aerobica e fit-box cerca altro. Quando all’Ugg vede in azione l’allora giovanissimo Giorgio Petrosyan, capisce cosa vuole fare. Si unisce all’allora Team Satori Gladiatorium Nemesis e non smette più. «Scesi la gradinata un po’ sconcertata - ricorda -. In sottofondo il rumore sordo di calci potenti e il suono della voce di qualcuno che sfogava tutte le sue energie su quei colpitori, e quell’indimenticabile odore di olio thai misto a sudore e scarpe lerce che da subito mi ha fatto capire che quello non era posto per gente che vuole perdere tempo in chiacchiere. Era la culla dei veri atleti, del sudore e delle lacrime, era dove si sputava sangue». Cominciò ad allenarsi con i fratelli Giorgio e Armen Petrosyan e con il maestro Alfio Romanut. «Gli allenamenti erano impegnativi», ricorda, aggiungendo: «La muay-thai era diventata la mia ossessione. A casa parlavo solo di questo. Il mio compagno, Giuseppe, per fortuna, era appassionato quanto me e in poco tempo io, lui, Armen, Giorgio e Alfio siamo diventati amici molto stretti. Solo chi fa questo tipo di sport ad alti livelli può capire il tipo di legame che si crea tra compagni di palestra. Ci si sostiene a vicenda, ci si picchia duro e lo si fa seriamente. Si passa tanto tempo insieme che i compagni di palestra diventano i tuoi fratelli. Questo sono per me i Petrosyan».
Nel 2006 si licenzia da un’agenzia di pratiche auto, si iscrive a Scienze motorie e si laurea nei termini previsti. Poi però l’Italia non gli offre opportunità di lavoro e il suo ragazzo finisce a lavorare proprio in Thailandia. «Avremmo potuto vivere insieme nella patria della muay-thai, ma non andò assolutamente come avevo ingenuamente pensato». Lei resta in Italia e nel 2013 il rapporto a distanza si interrompe. “Emotivamente persa” parte lo stesso per la Thailandia con il biglietto che aveva già acquistato: ma invece di raggiungere Giuseppe, va nel posto da lui più lontano, nell’ultima città dell’Isaan, prima del confine con il Laos. Lì però non trova incontri e se ne va. E qui comincia un vero e proprio pellegrinaggio tra palestre e città che, allenamento dopo allenamento, match dopo match, grazie al sostegno del triestino Emmanuele Corti, la porta in Malesia a conquistare nel dicembre 2015 il suo primo vero titolo.
Oggi la cintura Wmc Z1 Championship si trova a Gorizia nella sede del Team Satori, la palestra da cui è partita e dove i thailandesi ora cominciano a venire per imparare le tecniche occidentali. Lei però ha vinto ancora e, da questa settimana, nella sua bacheca c’è una cintura che significa rispetto. —
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