Monfalcone. Barche butterate da chiazze gialle, indagini sulla centrale A2a

La Svoc ha segnalato l'episodio alla Capitaneria. Industrie nel mirino. Il pm Leghissa ha riaperto un'inchiesta

MONFALCONE. Quella pioggia sporca nessuno l'ha vista cadere coi propri occhi. Ma in centinaia ne hanno potuto constatare i danni. Sono i proprietari di imbarcazioni che hanno un ormeggio alla Svoc, la Società vela Oscar Cosulich, i quali l'altro giorno hanno riscontrato sugli scafi delle proprie barche una costellazione di macchie giallognole, più o meno scure, impossibile da rimuovere. Allarmati, venti titolari si sono subito rivolti al presidente della società, Sergio Lapo, per una tutela e, soprattutto, un indennizzo. E Lapo, dopo aver verificato sul posto le criticità, ha subito provveduto a scrivere - come suggerito da un legale - una lettera di segnalazione alla Capitaneria di porto, l'autorità competente, per chiedere l'avvio di accertamenti, in modo da verificare la natura dell'inquinamento.

Al momento, secondo quanto riferito ieri dai militari, non risulta aperta nessuna indagine. L'imbrattamento, almeno da una prima ricostruzione, sarebbe quasi certamente di natura industriale, visto che i diretti interessati parlano alternativamente di «sostanze corrosive» oppure di «materiali solforosi», dunque di residui riconducibili a processi di combustione. Ma gli episodi, che in un primo momento, ieri, parevano circoscritti unicamente alla Svoc, si sono estesi in serata anche al canale Valentinis: il vicepresidente dell'omonimo circolo nautico, Massimiliano Zotti, ha infatti riferito che «la maggior parte degli scafi ancorati alle banchine (300 in tutto, ndr) presentano una serie di puntolini e macchie nero-verdastre, una specie di pulviscolo depositatosi sulle superfici».

«È come se sulle imbarcazioni fosse piovuta della sabbia - osserva dal suo canto il presidente della Svoc, Lapo - solo che quelle macchie giallo-rossastre non vengono via neppure col polish. Non si tratta di sostanze oleose, piuttosto tenderei a dire che siamo davanti a dei prodotti che agiscono come un acido: sono penetrati infatti nella plastica e l'hanno bruciata. Ho una ventina di segnalazioni in mano e dieci proprietari hanno già sottoscritto un modulo che ho fatto appositamente redigere alla segreteria. Il numero dei casi potrebbe tuttavia salire nei giorni a venire, dal momento che diversi soci non sono neppure al corrente della situazione».

E i soci, alla Svoc, sono circa 400. «Non ho elementi concreti per stabilire la provenienza di questo materiale - conclude Lapo - ma spero che vengano svolti degli approfondimenti in merito». Un caso, come riferisce Luca Tonnellotto, si è verificato anche all'Hannibal, dove su uno scafo di venti metri si sono riscontrate quattro piccole chiazze scure. «Putroppo - commenta Armando Vellico, presidente del Circolo nautico del canale Valentinis - non è la prima volta che accadono simili episodi: già tra il 2003 e il 2004 era piovuto un pulviscolo nero, di tipo solforoso, sulle imbarcazioni, imbrattandole. I teli che usualmente rivestono le coperte erano rimasti completamente abrasi nei punti di contatto con le particelle e c'era stata anche una relazione da parte della Guardia forestale, che aveva avviato degli accertamenti. Le verifiche sul posto erano state eseguite perfino stendendo dei tessuti bianchi sulle barche».

«Devo ammettere - prosegue Vellico - che negli ultimi anni questi episodi si sono in parte ridotti, ma ogni tanto si ripetono. È un grosso problema, oltre che una scocciatura enorme per i titolari di barche, anche perchè le promesse su una maggiore attenzione da parte delle realtà industriali sono state disattese. Mentre io ritengo che con un investimento sulle strutture e sugli impianti certe criticità risulterebbero facilmente ovviabili». Nessun disagio, invece alla Lega navale: il nostromo Nino Gon ha passato in rassegna tutte le imbarcazioni ancorate e non ha notato alcuna anomalia. Probabilmente la bora, che nei giorni scorsi ha spirato con una certa intensità, ha risparmiato quegli scafi.
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