Monfalcone, il Consorzio sviluppo economico si schiera contro il gasdotto A2A

MONAFLCONE Alla richiesta di parere formulata dal Ministero della Transizione ecologica il 19 novembre, il Consorzio di sviluppo economico della Venezia Giulia ha opposto, con formale lettera di 5 pagine datata 4 febbraio, «parere assolutamente negativo». Motivato dalle «discrasie» che si verrebbero a creare limitando lo status quo e l’«intento programmatico e pianificatorio» (sotto il profilo urbanistico) dell’ente. Per la sfera di propria competenza, come sottolinea chi firma l’atto, cioè il presidente Fabrizio Russo, la posizione assunta in merito all’istanza di autorizzazione unica per la modifica della centrale termoelettrica con il progetto di installazione del nuovo ciclo combinato a gas è di netta contrarietà. Ma, a quanto pare, in adesione totale alle valutazioni sull’impianto a metano già rese dall’azionista di riferimento, il Comune di Monfalcone.
Non però a quelle di Confindustria Alto Adriatico, che con il presidente Michelangelo Agrusti argomenta invece «parere assolutamente favorevole», intravedendo nel ragionamento del Cse l’ennesima versione della sindrome di Nimby, «non nel mio giardino e neppure in quello del Consorzio». dice. E c’è chi, tra gli addetti ai lavori, si chiede se il documento sia stato o meno frutto di deliberazione da parte degli organi consortili. Agrusti Invece va dritto al punto: «Rispetto allo scenario di un mese fa è cambiato tutto. La centrale di Monfalcone è tra quelle nominate da Draghi in Parlamento per il possibile riavvio a carbone e noi ci troviamo d’accordo. Perché non possiamo lasciare senza riserve energetiche le famiglie e le imprese, comprese quelle del Consorzio». «Dobbiamo ridurre la nostra dipendenza dalle fonti di approvvigionamento russe – ancora il presidente degli industriali –, sempre che non sia Putin a staccare i rubinetti». Agrusti si è visto tre settimane fa con il ministro Roberto Cingolani, con cui si è convenuto sulla «ridefinizione dei tempi della transizione economica».
Un parere, quello del Cse, che si richiama alle osservazioni già in precedenza formulate e si focalizza sul gasdotto, con l’installazione della conduttura lungo un tracciato che “corre” su via Consiglio d’Europa occupandola «integralmente per tutta la larghezza stradale», marciapiedi compresi. Così determinando «interdizione», «difficoltà», «limiti all’accesso», anche laddove si intervenisse per lotti, con «compromissione dell’attuale fruibilità dell’intera area consortile, urbanisticamente rientrante in zona D1 edificabile sia nella zona posta a nord che a sud della strada».
Sempre il Cse cita, per la parte a sud, la presenza di edifici, capannoni e aree di rimessaggio (Ocean Marine, Marina Lepanto, Marina international exclusive e Cantiere nautico Cadei). Mentre per quella a nord le sue proprietà: un magazzino al civico 41 con park dato in affitto a Sea Sailing, due capannoni ai numeri 17 e 15 locati a Stream Yacht srl e MMX technology srl, il parcheggio intermodale al 13 (con zona di sosta appositamente attrezzata e la palazzina “blocco servizi”, entrambe affittate alla Compagnia portuale) e infine una stazione di sollevamento per la fognatura, di cui è titolare il Comune, gestita da Irisacqua.
Scrive dunque Russo, per il tracciato di gasdotto sulle zone di interesse del Consorzio, che il progetto e le relative lavorazioni «impatterebbero con certezza – e per un periodo non noto – sulla transitabilità della via Consiglio d’Europa»; poi «creerebbero grave pregiudizio alle aree di proprietà», a nord, sul fronte della viabilità e per «richieste risarcitorie e/o di riduzione dei canoni locatizi e/o di risoluzione contrattuale» di chi è insediato; pertanto «comprometterebbero la piena possibilità di fruizione», tra l’altro «il solo accesso pedonale risulterebbe inutile» viste le tipologie di attività. Poi «qualsiasi intralcio di carattere burocratico-amministrativo o giudiziale che si inserisse nel percorso realizzativo dell’opera farebbe discendere a cascata non prevedibili ostacoli al passaggio effettivo di mezzi e persone, con sicuro e inevitabile abbandono delle attività svolte da terzi».
Altra considerazione: con un cantiere di 43.600 m² l’intervento impatterebbe «oggettivamente sulla materiale operatività» e «potrebbe comportare la paralisi di fatto dell’attività». C’è poi la preoccupazione legata al fatto che con il nuovo gasdotto, nella parte dell’ingresso, non si potrebbe più erigere alcuna nuova zona attrezzata per i servizi consortili, data la previsione di un sottopasso destinato all’inserimento della tubazione, cui si assocerebbe un vincolo di inedificabilità e inutilizzabilità. Russo da ultimo rimarca i problemi riflessi sulle attività portuali e retroportuali legate al park intermodale e come il gasdotto si ponga in «contrasto» con il programma pianificatorio dell’amministrazione stessa (ma qui il Cse non ha competenze dirette).
Ribatte Agrusti: «È chiaro che quando si creano infrastrutture, dalla terza corsia alle fognature, ci possono essere disagi, ma l’alternativa è non fare nulla. L’impianto proposto da A2A è innovativo. La domanda dunque è, a fronte di bollette che pesano per un terzo o addirittura la metà dello stipendio medio: meglio morire di freddo oggi o tra 20 anni per mezzo grado in più?».
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