Monfalcone. Se ne vanno i frati, addio alla Marcelliana

Sempre meno religiosi. La congregazione ha deciso di “salvare” Barbana. La parrocchia che vanta le origini più antiche in città perderà l’autonomia
Altran Mf-chiesa Marcelliana
Altran Mf-chiesa Marcelliana

Monfalcone rischia di perdere il punto di riferimento, religioso, ma non solo, della sua comunità da oltre mille anni. Il Santuario della Beata Vergine della Marcelliana, parrocchiale del quartiere operaio di Panzano, non sarà più retto dai padri francescani e perderà la sua autonomia, venendo incluso dalla parrocchia di largo Isonzo. Questo è il futuro che si profila per la più antica testimonianza della fede cristiana nel territorio monfalconese. Anche se una decisione ufficiale ancora non c’è, non sembra che ci siano molti spazi per soluzioni diverse: mancano le vocazioni, sempre meno giovani decidono di entrare nell’Ordine e quindi mantenere le stesse presenze di un tempo sta diventando impossibile, costringendo a scelte dolorose.

Per la Chiesa, ma anche per le comunità locali, in questo caso quella di Panzano, in cui la Marcelliana è tenacemente inserita fin dalla costruzione del quartiere. Arrivati a Monfalcone nel 1927, i padri francescani della Provincia veneta di Sant’Antonio si sono dimostrati dei lavoratori infaticabili e pazienti. Il loro impegno ha permesso la rinascita del Santuario, culminata con la costruzione del vicino convento nel ’39. Il secondo dopoguerra ha visto rifiorire la Marcelliana, divenuta nel frattempo parrocchia, con la costruzione delle strutture ricreative e sportive per i giovani di tutta la città. Alla Marcelliana è attivo uno dei gruppi Scout cittadini ed è impegnata la Caritas, che nella struttura sta realizzando un dormitorio da una quindicina di posti. Senza disdegnare le nuove tecnologie per mantenere i rapporti con i fedeli: il sito internet della parrocchia è ricchissimo di contenuti e aggiornato in modo puntuale.

Quella dei frati minori è una presenza viva, che supera i confini della parrocchia e ha un forte rapporto con la realtà monfalconese: fra Renato è il cappellano dell’ospedale cittadino, padre Gildo lo è da decenni del cantiere navale. È lui a benedire tutte le unità che escono dal cantiere. Ecco perché in qualche modo i frati francescani “sono” la Marcelliana, che al suo interno custodisce importanti opere d’arte e di fede. A iniziare dalla statua della Beata Vergine Marcelliana che, collocata sull’altare maggiore, è una fra le più antiche immagini marmoree della regione. La storia vuole che la statua fosse rinvenuta intorno al 500 dopo Cristo in un’imbarcazione senza equipaggio, spinta e guidata lungo il fiume Rosega da una mano invisibile al luogo dove, accolta con devozione, le fu costruito un santuario.

«Per il momento l’abbandono della Marcelliana da parte dell’Ordine non è una certezza - spiega il parroco, padre Giovanni Vicentini -, ma una probabilità sì. Un confronto in questo senso è già avvenuto tra la nostra Provincia e l’arcivescovo di Gorizia. Purtroppo mancano i frati e gestire le strutture sta diventando sempre più difficile». A Monfalcone i padri francescani attualmente sono sei, di cui quattro sopra gli 80 anni, e l’alternativa pare fosse quella di chiudere il Santuario di Barbana che, evidentemente, non è stato ritenuto sacrificabile, al pari delle presenze esistenti a Trieste e Gemona. Il problema delle vocazioni non è comunque solo degli ordini conventuali. Tant’è che per la Marcelliana si profila la perdita di autonomia con inclusione della parrocchia in quella di Largo Isonzo, aprendo interrogativi sul mantenimento e il potenziamento delle attività rivolte ai giovani.

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