Monte Croce Carnico, rispunta il traforo

Gli operatori economici austriaci in pressing. E la Carinzia rilancia il discusso progetto: «Chiederemo al Fvg di collaborare»
Di Marco Di Blas

TRIESTE. Il traforo sotto il passo di Monte Croce Carnico è uno di quei grandi progetti viari su cui per alcuni mesi o anni si accende un vivace dibattito. Poi improvvisamente il dibattito si spegne e il progetto finisce in un cassetto, per essere ripreso in considerazione qualche tempo dopo. È accaduto più volte. L’ultima è di questi giorni. A richiamarlo in vita gli operatori economici della Gailtal: il tunnel, dicono, consentirebbe migliori collegamenti verso il sud, favorendo gli scambi commerciali e anche turistici con il Friuli Venezia Giulia e l’Italia.

C’è la strada statale che scavalca il valico, è vero. Ma il versante italiano è molto ripido e l’arteria è tutta a tornanti. I camion fanno difficoltà a muoversi e talvolta rimangono incastrati nelle gallerie, bloccando il traffico. In caso di intense nevicate, poi, diventa intransitabile anche la meno impervia strada del versante austriaco.

Qualche anno fa ci vollero settimane prima di riaprire l’arteria. Anche per questo uno dei principali fautori del tunnel è il sindaco di Kötschach-Mauthen (il primo al di là del passo) Walter Hartlieb: «Ne beneficerebbe la nostra economia perché si creerebbero nuovi posti di lavoro è si eviterebbe lo spopolamento della valle».

Il progetto è diventato ora un tema politico. Il Partito popolare (Övp) ha formalmente chiesto che se ne riparli. Si è schierato in prima persona il suo segretario regionale Gabriel Obernoster. Il punto su vantaggi e criticità è stato fatto in un incontro con l’assessore alla viabilità Gerhard Köfer. Al termine è stato deciso una studio, per valutare quali benefici deriverebbero dall’opera alla valle del Gail. Contemporaneamente i tecnici dovranno indicare quale sia la soluzione da preferire, tra un tunnel di base e un tunnel a quota 1000 metri (sul versante italiano il portale d’ingresso si troverebbe all’altezza della “Casetta in Canadà”). Il secondo risparmierebbe ai veicoli le difficoltà dei tornanti per salire al passo, ma al tempo stesso non incoraggerebbe il temuto traffico di transito come un tunnel di base.

Qualche indicazione sui costi. Per il tunnel di base (8,5 chilometri) si stimano 200 milioni. Per quello a quota 1000 (3,5 chilometri) 80-100 milioni. Comporterebbe però la costruzione di una strada di accesso sul versante austriaco, con una spesa aggiuntiva di 30 milioni. Sono somme enormi che, secondo Köfer, la Carinzia non potrebbe sostenere senza l’aiuto dell’Ue. Köfer ha anche espresso l’intenzione di sondare i colleghi del Friuli Venezia Giulia, per verificare se vi sia interesse all’opera e disponibilità a condividerne i costi. Netta opposizione al progetto, invece, dai Verdi. Secondo il loro portavoce di Hermagor, Viktor Mitsche, «la nuova discussione sul tunnel è insensata e pericolosa». L’opera, anche nella variante a 1000 metri, richiamerebbe il traffico pesante diretto dai porti adriatici al centro Europa, con danni all’ambiente e nessun vantaggio per la valle.

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