Monti rilancia l’amicizia con la Serbia
di Stefano Giantin
BELGRADO
Legami politici sempre più stretti. Rapporti economici in crescita. E l’affiatamento tra le classi dirigenti dei due Paesi che si palesa nei discorsi e nelle strette di mano. È stato un vertice all’insegna dell’amicizia, quello italo-serbo tenutosi ieri a Belgrado. Mezzo governo italiano, con il presidente del Consiglio Mario Monti in testa, si è trasferito oltre l’Adriatico, occupando i saloni dell’imponente e austero Palazzo della Federazione, oggi Palata Srbije. Stessi corridoi, stessi arredamenti, quadri e lampadari dei tempi della Jugoslavia, raccontano i vecchi cronisti, ma oggi i suoi uffici sono affollati da una nuova classe politica e da una burocrazia che sta conducendo la Serbia verso l’integrazione europea.
La “casa europea”
La visita di Monti in Serbia arriva a pochi giorni dalla concessione a Belgrado dello status di Paese candidato all’ingresso nell’Ue. Un successo che sarebbe stato molto più arduo da conseguire «senza il sostegno italiano», ha confessato il presidente serbo, Boris Tadic. Il Professore, da parte sua, ha riconosciuto l’importanza del momento storico che sta vivendo la Serbia e si è detto «particolarmente lieto» del conferimento della candidatura. Durante la conferenza stampa, osservando le insegne italiane, serbe e dell’Ue alle sue spalle, Monti ha aggiunto che «solo da una settimana, mi ha fatto notare il presidente Tadic», la bandiera blu con le dodici stelle «può essere esposta in questo Paese», ufficialmente. Il leader serbo «si è dimostrato orgoglioso ed emozionato» da questo fatto simbolico, ha svelato il premier italiano, che si è unito «alla gioia» di Tadic per il passo avanti compiuto da Belgrado.
Patti su crimine e sicurezza
Il vertice di ieri può considerarsi storico anche perché «era dal 2000 che un capo di governo italiano non veniva qui», ha specificato il presidente del Consiglio. Un vertice che ha offerto l’occasione anche per impegni concreti. Come la firma su una dichiarazione dei ministri degli Interni Cancellieri e Dacic. Obiettivo: sviluppare una più intensa collaborazione nella lotta al crimine organizzato e in materia d’immigrazione. Dacic e Cancellieri che hanno sottoscritto anche un accordo di cooperazione bilaterale nel campo della protezione civile. Durante il summit, sono state concluse altre intese, da quella «per il sostegno al processo di integrazione europea della Serbia», al protocollo di cooperazione «in materia di sviluppo rurale» fino al memorandum per la «cooperazione in materia di illeciti fiscali, economici e finanziari» e a un documento relativo alla protezione ambientale.
L’economia in primo piano
Ma il fulcro degli incontri di ieri ha ruotato soprattutto attorno a temi economici. Come ha spiegato Tadic, l’Italia sta contribuendo a una nuova reindustrializzazione della Serbia, anche grazie all’investimento di Fiat nella Zastava di Kragujevac, stabilimenti dai quali usciranno presto 30mila nuove 500L. La “500” che è stata in passato «un ponte comune» e che il presidente serbo si è augurato lo sarà anche in futuro. Ma oltre a Fiat, ci sono rilevanti progetti in cantiere che vedranno l’Italia fra i protagonisti e «trattative con altri importanti investitori italiani», ha informato Tadic. Di certo c’è Edison, che lavorerà alla nuova centrale termoelettrica Kolubara B. Anche per la realizzazione di nuove infrastrutture, si aprono inedite promettenti opportunità, «dal completamento del Corridoio X» alla costruzione dell’autostrada verso il Montenegro.
Il nodo del Kosovo
Tra tanti scambi di cortesia, si è trovato anche il tempo per affrontare una questione spinosa, l’unico «punto di disaccordo» che divide Roma da Belgrado: il nodo del Kosovo. Tadic ha ringraziato l’Italia «per la flessibilità orientata a risolvere il conflitto» e per non aver mai calcato la mano su Belgrado perché riconoscesse l’indipendenza kosovara. Un passo, ha ricordato Tadic, che la Serbia non farà mai perché il Kosovo «rappresenta una linea rossa che non sarà mai oltrepassata».
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