Morì sotto i ferri a Trieste Chiesto maxi-risarcimento

Sono due chirurghi e una strumentista del Cattinara i presunti responsabili della morte dello staranzanese Franco Geromet, 48 anni, deceduto il 18 agosto 2014 nella sala operatoria di Cardiochirurgia dell’ospedale triestino. È quanto il pm Matteo Tripani, del Tribunale di Trieste, ha indicato nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, notificato nei giorni scorsi. Ciò in vista dell’udienza di rinvio a giudizio. Si tratta dei cardiochirurghi Elisabetta Rauber, 48 anni, e Alessandro Moncada, 37, nonchè dell’infermiera strumentista Elena Maghet, 35 anni, difesi dagli avvocati Claudio Vergine, Riccardo Seibol, Alfredo Antonini, Luca Maria Ferrucci e Lorella Marincich. L’ipotesi di accusa è quella di concorso in omicidio colposo. Il drammatico evento scaturì nella sala operatoria dove Franco Geromet doveva essere sottoposto ad un intervento di applicazione di un by-pass aorto-coronarico. Ma l’uomo è deceduto prima che iniziasse l’operazione a cuore aperto, durante le fasi preparatorie. La causa del decesso, come emerso nel corso delle indagini, è stata identificata in un edema cerebrale e polmonare acuto, in seguito all’inversione delle cannule arteriose e venose della macchina cuore-polmone, indispensabile per la circolazione extracorporea durante l’intervento al cuore. Il sangue, pertanto, veniva pompato dove doveva essere aspirato e viceversa, provocando rapidamente le emorragie fatali. I danni cerebrali irreversibili, infatti, si sono verificati dopo 10-15 minuti dall’attivazione della macchina cuore-polmoni. La morte è intervenuta 40 minuti dopo.
Intanto la famiglia di Franco Geromet, la moglie Luana Miani, 47 anni, e le sue figlie Amy e Morris Parmisan, rispettivamente di 26 e 24 anni, attraverso il legale difensore, avvocato Emanuele Locatelli, del Foro di Udine, hanno presentato in sede civile la richiesta di risarcimento danni nei confronti dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Ospedali Riuniti” di Trieste. La citazione in giudizio risale all’8 febbraio scorso. L’udienza al Tribunale di Trieste è stata fissata il 20 maggio prossimo. L’atto di citazione promosso dai congiunti di Geromet chiama in causa l’Azienda ospedaliera triestina, rappresentata dal commissario straordinario, nonchè legale rappresentante pro-tempore, Nicola Delli Quadri.
Nella citazione, alle conclusioni viene elencata la quantificazione dei danni a favore della vedova e delle sue figlie, «accertato e dichiarato che le lesioni personali e il conseguente decesso di Franco Geromet sono riconducibili ad un comportamento colposo aziendale, ossia dei relativi ausiliari e/o componenti l’equipe medica operatoria».
Il risarcimento complessivo è di circa 7,1 milioni di euro. In particolare, a favore della moglie Luana Miani viene richiesto un risarcimento di 4,1 milioni di euro, tra danni non patrimoniali indicati in «biologico terminale e/o catastrofale, oltrechè tanatologico e/o della perdita della vita come autonomo bene risarcibile», si evince dalla notifica, per circa 3,4 milioni, danni morali e biologici da «perdita del rapporto parentale e/o del rapporto con il prossimo congiunto» per circa 1,1 milioni di euro, danni patrimoniali per circa 43mila euro, nonchè altri 100mila euro in ordine al «ritardo nella comunicazione del decesso e omissione delle reali cause». Per le figlie di Luana Miani, la richiesta di risarcimento ammonta a circa 1,2 milioni di euro ciascuna. Anche in questo caso, si fa riferimento a danni morali e biologici da perdita del rapporto parentale (circa 1,1 milioni ciascuna), danni patrimoniali (circa 8mila euro ciascuna) e «ritardo di comunicazione del decesso e omissione delle reali cause» (50mila euro ciascuna).
Una coppia molto unita, una vita vissuta in simbiosi, quella tra Luana Miani e Franco Geromet, assieme a Amy e Morris. La donna, la voce spezzata dalla sofferenza, ricorda alcuni dei momenti più belli e intensi, quelli di una famiglia felice. Si erano sposati nel 2012, dopo due anni di convivenza e 19 anni dal loro primo incontro. Avevano molto, tutto in comune. L’attività professionale, di commercio ambulante di prodotti alimentari nei mercati del paese. Condividevano la passione per gli animali, tanto da aver accolto nella propria abitazione otto cani abbandonati in età avanzata, accuditi nei loro ultimi anni di vita. Assieme condividevano i progetti, come quello di aprire un canile per il quale avevano avviato le pratiche burocratiche a Villa Vicentina. Luana e Franco volevano prendersi cura anche dei minori in attesa di adozione rendendosi disponibili per l’affidamento temporaneo. Luana non si dà pace: «Sono morta con mio marito, la mia vita è diventata una disperazione. Ho perso tutto».
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