Scomparsa di Giulia, Paglia (Pd): «Il segnale doloroso di un declino nella gestione della salute mentale»
La segretaria del Partito Democratico di Trieste sulla tragica morte della 25enne triestina

La tragica scomparsa di Giulia, la giovane di 25 anni seguita dal Centro di Salute Mentale, «lascia in tutti noi un dolore profondo e una domanda urgente: come è possibile che, nonostante le richieste di aiuto della madre e l’invocazione di un Tso, non si sia riusciti a prevenire questo epilogo?».
Esordisce così Maria Luisa Paglia, segretaria del Partito Democratico di Trieste, in un comunicato inviato al Piccolo che, proprio oggi, 15 agosto, riporta le reazioni sul caso, con la richiesta di accertamenti sul Csm di via Gambini che l’assessore regionale Riccardi ha inviato al direttore generale di Asugi, Antonio Poggiana.
Secondo Paglia si tratta di «un passo necessario, ma non sufficiente, perché questa vicenda non è un episodio isolato: è la punta dell’iceberg di una sanità pubblica depauperata da scelte ideologiche, e, nello specifico, il segnale doloroso di un declino nella gestione della salute mentale». E giù l’affondo.
«Trieste – riprende la dem – è stata per decenni un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale. Oggi, invece, il caso di Giulia, come tanti altri meno gravi, ma non per questo meno sofferti, ci ricorda che abbiamo smarrito la capacità di ascoltare, accogliere e prenderci davvero cura delle persone»
La nota in forma integrale:
«Il Forum Salute e Welfare del Pd, denuncia ormai da anni le sofferenze dei servizi, confermate dalle numerose richieste di aiuto da parte degli operatori.
L’apertura 24 ore su 24 del Centro di Salute Mentale di via Gambini continua a essere rimandata di mese in mese. Nel frattempo, gli anni passano e gli utenti non riescono più a trovare i riferimenti necessari nell’arco delle 24 ore, dovendosi spostare in altri centri e affidarsi a diverse équipe. Da evidenziare che la stabilità del patto terapeutico con l’utente e della stessa équipe sono elementi fondamentali per la cura di ogni patologia cronica, e ancor più nel campo della psichiatria.
Non basta ordinare verifiche e neanche potenziare gli organici se chi dirige non possiede la formazione all’accoglienza, alla presa in carico, al riconoscimento dell’altro e della sua sofferenza, nessun rapporto potrà restituire ciò che manca. Non si può curare per telefono, per email o con visite sporadiche. Serve una relazione costante, servizi calibrati sulla persona, conoscenza diretta, formazione sul campo.
Sul dolore di questa famiglia – e di tutte le famiglie che si sentono sole davanti alla sofferenza dei propri cari – la politica deve fermarsi a riflettere. Riflettere non per rimanere immobili, ma per cambiare. Perché la salute è un diritto costituzionale e la salute mentale ne è parte integrante. Restituire dignità, risorse e umanità a questo servizio non è un atto di buona amministrazione: è un dovere verso ogni cittadino».
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