Morto Bruno Longo, l’uomo del dialogo che governò la Dc per un ventennio

Aveva 83 anni. È stato uno dei dirigenti di punta del Fvg. La moglie Clara: «La sua politica al servizio degli altri»  

MONFALCONE. Si è spento ieri mattina Bruno Longo. Aveva 83 anni. Lascia la moglie Clara e i figli Caterina, Nicola e Luca. Bruno Longo è stato uno dei più intelligenti e carismatici dirigenti della Democrazia Cristiana del Friuli Venezia Giulia. La fredda biografia ricorda che è stato consigliere comunale a Monfalcone, presidente del Consiglio provinciale, presidente del Consiglio regionale, consigliere regionale per tre mandati, assessore regionale alle Finanze.

Soprattutto è stato l’indiscusso segretario regionale dello scudo crociato e a fianco di Adriano Biasutti ha tenuto le redini di un grande partito fino all’implosione della Prima Repubblica. Quel tempo in cui i vituperati partiti dell’arco costituzionale innervavano nel bene e nel male un tessuto democratico oggi ballerino. Ma sono le parole della signora Clara a tratteggiare la statura politica e umana di Bruno Longo: «È sempre stato fedele al credo della politica verso gli altri. Ha sacrificato fisicamente la famiglia per essere sempre a disposizione del prossimo, ma alla famiglia ha garantito valori quali l’onestà e l’impegno che ci hanno reso fieri di lui».

Originario di Roma, Longo lavorava al Ministero delle Poste e Telecomunicazioni. L’incontro con la signora Clara, monfalconese. Poi l’amore, la famiglia e i primi due figli. «Alla terza gravidanza - ricorda la moglie - dissi a Bruno che avrei voluto tornare a casa. Lui non ebbe esitazioni. In quel periodo, il 1968, si stava costituendo la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia. C’era da inventare una pianta organica e Bruno trovò impiego nell’assessorato ai Lavori pubblici. La passione politica sbocciò di lì a poco. Non ha mai avuto nostalgia di Roma, ha amato profondamente il Friuli Venezia Giulia e credo sia stato ricompensato».

Non solo politica nelle passioni di Longo. La pallacanestro lo assorbiva nei rari momenti liberi fino a diventare dirigente della Pallacanestro Gorizia all’epoca targata Pagnossin. Si spiega così l’importante eredità del pallone a spicchi trasmessa ai figli: Caterina è stata giudice di tavolo, Nicola e Luca arbitri di serie A. Ma Longo non disdegnava il calcio. Lo ricordiamo allo stadio Cosulich di Monfalcone, la domenica pomeriggio a vedere il Monfalcone di Ciso Zeleznick che all’epoca navigava tra i marosi della serie C. Elegante, riservato senza essere snob, battuta pronta e un sorriso rassicurante stampato su un volto tondo e aperto.

Ecco come ricordiamo Longo. Poi, con il passare degli anni, la sua ascesa politica, un carisma sempre più palpabile che metteva in soggezione più di un interlocutore. Tessitore di alleanze politiche a tutti i livelli, moroteo convinto di dover confrontarsi con tutti, a cominciare dai nemici di sempre, i comunisti. Longo era l’unico a uscire sorridente dalle burrascose riunioni della Dc monfalconese nella sede di salita Granatieri. Gli altri avevano facce contrite, ghigni sinistri. Ma quanto succedeva a Monfalcone si replicava in tutte le sedi regionali dove Longo piombava per portare ordine. Era l’uomo di Biasutti ma rispetto al presidente appariva meno spigoloso, più disposto all’ascolto.

La carriera politica di Longo finisce nel Partito popolare, ma la miope seconda repubblica stava stretta a un uomo di larghe visioni come lui. Si è detto tutto il male possibile dei politici della prima repubblica e sono errori che si pagano. Ai tempi di Longo prima di arrivare in un’assise pubblica si doveva smazzare una gavetta che imponeva una disciplina quasi militaresca. Tanto studio, impegno, disponibilità. Marchi di fabbrica di Bruno Longo. 




 

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