Msf, niente sfratto ma villaggio da rifare

Il Comune di Gorizia ha detto “sì”. I container allestiti da Medici senza frontiere potranno rimanere al loro posto (o quasi), nell’area esterna del centro San Giuseppe. Gli uffici urbanistici, dopo un attento e approfondito esame della ponderosa documentazione prodotta dall’Arcidiocesi, hanno concesso l’autorizzazione edilizia in precario per un anno, prorogabile a due. L’ottimismo, dunque, che trapelava ieri da ambienti vicini all’Arcidiocesi di Gorizia aveva ben ragione d’esistere.
Per spiegare in maniera dettagliata l’esito dell’iter urbanistico è stata convocata ieri mattina una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il sindaco Ettore Romoli, gli assessori comunali Silvana Romano e Guido Germano Pettarin e il dirigente dell’Ufficio urbanistico del Comune Marco Marmotti.
La disamina
tecnica
Trattandosi di una «pratica esclusivamente tecnica» (concetto ripetuto almeno tre volte dal primo cittadino), la parte del protagonista l’ha avuta proprio Marmotti. Ha spiegato che il 18 marzo scorso l’Arcidiocesi, proprietaria del San Giuseppe, fece istanza al Comune di “autorizzazione in precario” ai sensi dell’articolo 20 della legge regionale 19/2009 per la realizzazione di un centro di prima accoglienza in forma “temporanea ed emergenziale”. Si è dilungato sulle differenze che le leggi nazionale e regionale presentano riguardo ai 90 giorni, manifestando più di qualche riserva su quanto prevede la Regione.
Al di là di questi aspetti meramente tecnici, resta il dato dell’autorizzazione. «Il progetto presentato e approvato - ha spiegato Marmotti - prevede la rimozione dei moduli attualmente collocati e il loro riposizionamento su basamenti portanti, in forma temporanea ed emergenziale. I moduli saranno destinati al ricovero di persone, utilizzati solo per la notte (22 con quattro letti e 2 con un posto letto ciascuno per persone disabili, ciascuno da 13 metri quadrati), 2 moduli per servizi igienico-sanitari con docce, un modulo servizi per persone portatrici di handicap, un modulo che fungerà da “ufficio-presidio” e un altro di pertinenza all’ufficio». Non è tutto. «Vengono, inoltre, previsti i collegamenti provvisori dei moduli alla rete elettrica esistente e alla fognatura (anch’essa esistente). Verrà poi collocato un adeguato numero di estintori, specificati percorsi per disabili e vie di esodo, installata segnaletica di sicurezza anti-incendio. E ci sarà l’indicazione di 2 “luoghi sicuri” di raccolta. È prevista, poi, la realizzazione di un’adeguata recinzione interna».
Quindi, il villaggio - rispetto alla conformazione attuale - verrà, in un certo senso, “rivoluzionato”. E perderà anche sei posti: dai 96 originari diventeranno 90, questo per dare una risposta ai portatori di handicap, come le normative prevedono e impongono. Peraltro, è facile prevedere (è questo il sindaco l’ha evidenziato) che Medici senza frontiere abbandonerà la gestione del centro: infatti comincia già a fare capolino al possibilità di una convenzione diretta con la Prefettura da parte di una non meglio precisata cooperativa.
I commenti
politici
Conclusa la parte (preponderante) tecnica c’è stato lo spazio per la politica. E il sindaco Ettore Romoli ha risfoderato i suoi cavalli di battaglia in fatto di accoglienza. «In tempi non sospetti, dichiarai che questa era una vicenda urbanistica e tecnica. E così è stato. L’amministrazione comunale si è astenuta da qualsiasi pressione su chi ha svolto la pratica, nonostante in tanti ci tirassero per la giacca».
Aggiunge Romoli: «Dal punto di vista politico, ribadisco una volta di più la mia contrarietà riguardo al fatto che si è pensato di realizzare tale centro di accoglienza proprio qui, proprio a Gorizia. Oggi ci sono 150 richiedenti asilo ospitati al Nazareno, cui si aggiungono altri 84 ospitati nei container di Medici senza frontiere o al dormitorio Faidutti. L’accoglienza deve essere assicurata, questo è un dato assodato e indiscutibile, ma non deve riguardare sempre e esclusivamente Gorizia. Perché gli altri Comuni dell’Isontino continuano a fare spallucce e a non ospitare nessun immigrato? Perché c’è uno squilibrio evidente e prepotente fra Destra e Sinistra Isonzo? Credo sia giunto il momento che la Prefettura si sforzi di trovare soluzioni d’accoglienza anche fuori Gorizia».
L’assessore al Welfare Silvana Romano, dal canto suo, ha evidenziato come nel computo vanno inseriti anche i 37 immigrati del progetto Sprar, «e spesso ci si dimentica che ci sono pure loro. Gorizia non può e non deve essere l’unica città a sostenere il peso dell’accoglienza!».
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