Museo civico di storia naturale: così incompleto e così isolato

di Ivana Gherbaz
Raggiungere il museo civico di Storia naturale, nella sua nuova sede di via Tominz, non è poi così facile. Se si scelgono i mezzi pubblici bisogna mettere in conto almeno una mezzora di viaggio. Insomma, sia i turisti che gli amanti delle scienze devono armarsi di pazienza. Ma se la curiosità è forte, e i collegamenti funzionano, si può anche pensare di fare un piccolo sacrificio. Inaugurato il 25 giugno dell'anno scorso in una delle palazzine della ex caserma di via Cumano, lo storico museo triestino, che aveva sede dal 1846 nel palazzo Biserini di piazza Hortis, è tra i più antichi istituti scientifici ancora in attività. Finora però sono visitabili, gratuitamente, solo quattro sale, su tre piani di museo e ne restano ancore altre venti da allestire. Se la ristrutturazione dell'edificio che lo ospita è costata 3 milioni di euro, il trasloco nella nuova sede dell'enorme mole di materiale, ormai praticamente completato, altri 600 mila euro, per terminare l'opera di allestimento serve ancora un milione di euro. Un museo che potrebbe diventare un vero polo di attrazione se non altro per il dinosauro Antonio, di cui se ne parla in tutto il mondo e l'esemplare di squalo bianco più grande d'Europa ripreso in tanti documentari da quelli trasmessi dalla Bbc ai canali tematici di National Geographic.
A raccontare con orgoglio, ma anche con una punta di amarezza, le potenzialità di questo museo Nicola Bressi, conservatore anziano, che dal 2010, da quanto il direttore scientifico Sergio Dolce è andato in pensione, ne fa le veci. «La location è la morte civile – esordisce Bressi. A conti fatti gli spazi sono più grandi ma rispetto a piazza Hortis mancano 700 metri quadrati perché l'intero quarto piano è riservato agli impianti elettrici e di condizionamento». La soluzione per ridare vita a questo museo, secondo Bressi, è quella di puntare tutto sul marketing della comunicazione e sui mezzi di trasporto. Ad esempio, spiega Bressi, «si potrebbe spostare il capolinea del 18 davanti al museo in via Tominz evitando così di dover fare dieci minuti di strada a piedi». Per ora, parlando di comunicazione, sono state messe delle indicazioni per chi arriva da via Revoltella, che deve avventurarsi in dedali stretti attorno alle abitazioni prima di raggiungere la sede del museo. Tra le altre possibilità spiega Bressi: «La variante 118 prevedeva una pista ciclabile in viale d'Annunzio che potrebbe essere estesa fino al museo. Contiamo molto anche nella metropolitana leggera». Ma i suggerimenti non finiscono qui. «Siamo l'unico caso in Europa che vede accorpati assieme al museo di Storia naturale, un Aquario, l'Orto botanico e il museo del Mare, una grossa forzatura. La città deve decidere cosa fare. A Venezia, grazie all'interessamento di una fondazione, si è puntato tutto sul museo di Storia naturale chiudendo l'Aquario. In totale abbiamo 3 milioni di spese per il personale. E poi un museo che si rispetti, se vogliamo fare qualche paragone con altre realtà europee, costa in totale tra allestimento e sistemazione degli archivi 10 milioni di euro», sottolinea Bressi. I finanziamenti appunto, nota dolente. «Mancano anche i soldi per fare la sagoma nuova allo squalo bianco – racconta ancora Bressi. Per non parlare di qualche errore di progettazione: la sala che sarà dedicata all'enorme scheletro della balena è da rifare perché così come è progettata non ci stanno le vertebre. Per l'erbario ci hanno destinato una delle stanze più luminose pensando fossero piante vive, invece si tratta di esemplari archiviati in secoli di ricerche molto sensibili alla luce». Per l'assessore alla cultura Andrea Mariani il sistema museale scientifico è tra le priorità: «Anche se si va verso un restringimento delle risorse, la politica non deve essere solo di conservazione, ma bisogna anche pensare alla crescita dell'esperienza scientifica. Per questo ci vuole un sistema integrato che metta in visibilità le nostre peculiarità». Sui fondi che mancano per l'allestimento del museo però ci vorranno un paio di mesi per capire come e dove reperire le risorse: «Mi sono dato come scadenza la fine di quest'anno anno come periodo di conoscenza. Dal 2012 si potrà iniziare con la programmazione».
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