Natale, il vescovo di Trieste: “Servono investimenti per alimentare il desiderio di fare figli”

L’omelia di Trevisi alla messa di Natale celebrata nella Cattedrale di San Giusto incentrata sulla natalità e l0inverno demografico. Un pensiero anche a detenuti, ammalati e migranti

Gianpaolo Sarti
Il vescovo di Trieste Trevisi celebra la messa di Natale a San Giusto. Fotoservizio di Massimo Silvano
Il vescovo di Trieste Trevisi celebra la messa di Natale a San Giusto. Fotoservizio di Massimo Silvano

"È venuto meno il desiderio di generare, di fare figli. È l'inverno demografico, anche la politica non si mostra attenta alla natalità". Così il vescovo di Trieste, monsignor Enrico Trevisi, nella sua omelia pronunciata questa mattina, 25 dicembre, in occasione della messa di Natale celebrata nella cattedrale di San Giusto.

Dopo un primo pensiero rivolto alle famiglie e agli ammalati, il vescovo si è soffermato sul senso profondo della Natalità. E quindi sul "generare".

"Mi piace richiamare l’attenzione su questo generare di Dio", ha osservato Trevisi parlando ai fedeli in chiesa. Seduto ai banchi della prima fila anche il sindaco Roberto Dipiazza.

"Noi stiamo diventando una società vecchia e incapace di generare, che ha perso il desiderio del generare. L’inverno demografico ci dice che nascono sempre meno bambini, e molte sono le ragioni. E tra di esse che è venuto meno il desiderio del generare, dell’essere padri e madri. Non è una colpa dei giovani ma di questa nostra cultura che abbiamo edificato e di come essa ci sta plagiando tutti".

Ecco poi il richiamo alla classe dirigente. "Il Natale ci ripropone il mistero della nascita del bambino Gesù, in un tempo e in una situazione politica che certamente rendevano questa nascita molto problematica. Anche oggi cultura e politica non si mostrano attenti alla natalità: al di là delle parole mancano significativi investimenti a favore delle famiglie che generano figli", ha rilevato il vescovo.

"E in un tempo che esalta le scelte (il generare non è più un accadimento biologico e quasi inevitabile) manca una cultura che mostri la ragionevolezza, la bellezza, la ricchezza di senso del generare i figli. E manca una politica che dia una svolta epocale alle politiche familiari e che renda più desiderabile il generare: ormai è indispensabile il lavoro extrafamiliare di entrambi i genitori, i salari bassi rendono le spese per un bambino una preoccupazione e impongono stili di vita che sono un vero andare controcorrente rispetto a tutto quello che il mondo esalta: dedizione prioritaria alla carriera, divertimenti costosissimi e invidiabili da tutti, vacanze esotiche, consumi da ogni parte. Come possono i giovani desiderare di avere figli se ciò che il mondo propone loro è esattamente il contrario: un’autorealizzazione e un benessere individualistico che comporta il vedere i figli come antagonisti alla loro affermazione sociale e psicologica?

La cultura del generare i figli ha connessione con il mistero di Dio e del Natale. Gesù nasce in una condizione politica di oppressione e di prepotenza. Il censimento di Cesare Augusto, l’occupazione romana di quella fascia di terra, le mire invidiose di Erode, la povertà di quella famiglia in viaggio e costretta ad accamparsi in un tugurio, in una stalla prefigurano il disagio e la povertà – con tutte le gradazioni – di tanti giovani che migrano. Anche da Trieste, nella speranza di lavori più sicuri e appaganti in altri Paesi dove meglio sono riconosciuti nelle loro aspirazioni; o verso Trieste, fuggendo da Paesi in cui non hanno speranza. In tanti di essi permane un anelito di vita, un barlume di desiderio di vita.

E anche di generare figli, anche se pesa la lontananza dalle famiglie di origine, che spesso sono essenziali per dare concretezza al desiderio di accudire i figli, soprattutto quando entrambi i genitori lavorano con turni e orari che nessun asilo nido riesce ad osservare".

Il vescovo ha esortato poi a soffermarsi sulle figure di Maria e Giuseppe "rappresentano questi giovani… che mantengono un desiderio di vita, che si dispongono al disegno di Dio che li fa essere aperti alla vita… in un mondo che rimane ostile: quando le narrazioni e le pressioni culturali ci rinchiudono in aspettative narcisistiche, individualistiche e ci rendono vittime di una distorta visione della vita, nella quale si diventa sterili (chiusi al generare nuova vita) siamo chiamati a guardare a Betlemme. Dio ci chiede di alzare lo sguardo, di cercare quella stella che è segno di un desiderio. Dio ci propone un cammino di vita in cui c’è spazio anche per l’altro e la sua fragilità; e la cura del piccolo che nasce diventa anche presidio per custodire la propria umana grandezza. Quando si genera si è nel disegno di Dio che dà la vita. La gioia di accogliere la nuova vita - anche se essa è vista con sgomento da Erode che vuole la strage degli innocenti - presidia la dignità umana che non può essere schiava dei prepotenti che ci voglio asserviti ai loro progetti di potere e di profitto. Accogliere la vita nascente, generare figli, oggi è una scelta culturale controcorrente. Essa comporta gioie ma anche sacrifici non adeguatamente supportati dalla nostra cultura e politica".

Soffermandosi sulla tenerezza espressa dai bambini e dalle coppie, il vescovo ha sollecitato ad andare oltre il "sentimentalismo", esortando quindi scelte concrete "di sostegno alle giovani coppie a livello di vicinato e di famiglie… e anche in pressanti richieste ai nostri governanti". Nelle preghiere dei fedeli il pensiero è stato rivolto anche ai detenuti, agli ammalati e ai migranti.

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