La pestilenza del nazionalismo che ha infettato anche Israele
Se esiste oggi un ritorno di antisemitismo lo si deve anche al governo Netanyahu, che guardando ai fratelli palestinesi come a un popolo inferiore cade nel gioco di Hamas

Il giornalista e scrittore Paolo Rumiz fa qui riferimento alla lettera aperta - pubblicata il 14 novembre sul quotidiano Il Piccolo - che Alessandro Salonichio e Eliahu Alexander Meloni, rispettivamente presidente e rabbino capo della Comunità ebraica di Trieste e del Friuli Venezia Giulia, hanno indirizzato alla presidente della Fondazione Luchetta Ota D’Angelo Hrovatin contestando l’assegnazione del Premio speciale della Fondazione stessa a Francesca Albanese entro le Giornate del Premio in agenda a Trieste.
ll 21 novembre il premio Luchetta viene assegnato a Francesca Albanese, in ricordo dei tre giornalisti triestini uccisi dai nazionalisti croati nel gennaio 1994 durante la guerra dei Balcani.
Ebbene, avrei qualcosa da dire in merito a chi spregia questo riconoscimento contestando il pensiero della premiata, relatrice alle Nazioni Unite sulla situazione dei territori palestinesi occupati. Nella lettera del rabbino capo e del presidente della comunità ebraica regionale (del Friuli Venezia Giulia, ndr), in particolare, si accusa la Albanese di malafede, incitamento all’odio, diffusione di falsità, difesa dei terroristi di Hamas, cancellazione dell’orrore del 7 ottobre 2023 e ovviamente di antisemitismo, il tutto senza fornire prove.
Concesso che esista un sotterraneo pregiudizio antisemita in parte della sinistra italiana e che la Albanese abbia commesso degli errori, mi si consenta di accusare a mia volta i suoi accusatori di tradire - allineandosi alle tesi del governo israeliano – proprio i principi fondanti dell’ebraismo. Se c’è una cosa che ho amato, io cattolico, di quel pensiero, è che la terra non appartiene a nessuno, perché semmai siamo noi che le apparteniamo.
Una intuizione, questa, che ritenevo rendesse immune Israele da qualsiasi forma di nazionalismo, la pestilenza più grave dell’ultimo secolo in Europa. E per nazionalismo intendo la pretesa di dominio esclusivo di un paese sulla base di una discriminante etnica o religiosa.
Una pestilenza che, morto Rabin, ha infettato anche Israele, modificando geneticamente un sionismo che all’inizio teorizzava la convivenza.
Ebbene, se persino un rabbino copre questo tradimento, mi chiedo in che mani sia finito quello straordinario pensiero, patrimonio universale dell’umanità, che mi ha fatto innamorare al punto di caldeggiare l’istituzione di una scuola talmudica a Trieste e compiere viaggi anche tra gli ultimi ebrei di Siria. Quel pensiero secondo il quale l’ebreo non è mai uno che si allinea con la massa vociferante, ma – come mi è stato detto da un rabbino di Gerusalemme – «uno che, se tutti stanno da una parte del fiume, starà sempre sulla riva opposta», come dire uno che non ripeterà mai, come un pappagallo, parole coniate da altri. Principio che sta alla base delle scuole talmudiche.
Ritengo che se esiste oggi un ritorno di antisemitismo, lo si deve anche al governo Netanyahu, che ha al suo interno elementi impresentabili, chiaramente etno-nazionalisti, fortemente indigesti a una parte del popolo israeliano e a molti rappresentanti degli ebrei nel mondo e in Italia. Un governo che, guardando ai fratelli palestinesi come a un popolo inferiore, cade nel gioco di Hamas, il quale, usando il suo popolo cinicamente come scudo, ha spinto Israele a portare la rappresaglia oltre ogni limite ragionevole e a impedire alla libera stampa di verificare quanto accadeva. Col risultato di attirare su Gerusalemme l’antipatia o il disprezzo di gran parte del mondo.
Mi si accusi pure di antisemitismo a questo punto, ma la comunità ebraica regionale e il suo rabbino capo – in linea con il governo che porta il suo stesso nome, Meloni - dovrebbero usare la stessa etichetta anche per i tanti ebrei che hanno parlato con dolore di «suicidio di Israele».
Se essere in pena per questa tragica deriva significa insultare la Shoah, incitare all’odio, cancellare l’orrore del 7 ottobre, diffondere falsità eccetera, questo lo giudichi chi legge. —
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