«Necessario allontanare la maestra»

Gli inquirenti sottolineano l’urgenza di mettere fine ai maltrattamenti a Farra. I sei mesi di sospensione sono il massimo in questi casi
Di Domenico Diaco
Bumbaca Gorizia 10.02.2017 Scuola elementare Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 10.02.2017 Scuola elementare Farra © Fotografia di Pierluigi Bumbaca

In attesa della nomina della supplente della maestra della scuola elementare di Farra, denunciata in stato di libertà per maltrattamenti e sospesa dall’insegnamento per sei mesi, gli accertamenti dei carabinieri proseguono. Si è appreso intanto che l’educatrice, convocata dagli inquirenti assieme al suo legale di fiducia, non ha replicato alle pesanti accuse che le venivano contestate. Accuse che oltre alla denuncia avevano anche indotto il giudice delle indagini preliminari e emettere, su richiesta del pubblico ministero che coordina le indagini, quel provvedimento di sospensione che impedisce alla donna di avere qualsiasi contatto all’interno della scuola, con i suoi alunni. E quei sei mesi di “sospensione dell’esercizio del pubblico servizio di insegnante” testimoniano, in aggiunta al reato contestato, la gravità delle accuse e il pericolo che l’asserito comportamento vessatorio nei confronti degli scolari potesse andare avanti. Sei mesi, inoltre, afferma il comandante della Compagnia carabinieri di Gradisca, tenente Quercig, rappresentano il massimo periodo di sospensione previsto in questi casi. Oltre vi sono gli arresti domiciliari, ma quel che premeva agli inquirenti era mettere fine ai reiterati episodi di violenza evidenziati dalle registrazioni effettuate in classe attraverso alcune telecamere nascoste.

La vicenda di Farra ha varcato i confini regionali e del caso si stanno interessando le redazioni di due programmi televisivi tra i più seguiti nella fascia pomeridiana, vale a dire “La vita in diretta “ in onda su Rai 1 e “Pomeriggio 5” di Canale 5.

In effetti quanto accaduto a Farra si presta a diverse considerazioni. Intanto, sottolinea l’avvocato Marco Barone, collaboratore dello studio legale dell’avvocato goriziano Ottavio Romano, ed esperto di diritto del lavoro e legislazione scolastica, «per prima cosa lascia perplessi la reazione di diverse famiglie che hanno manifestato solidarietà alla maestra alla quale hanno indirizzato un lettera aperta». «Atto comprensibile - ma se gli inquirenti hanno adottato un provvedimento importante e delicato, che comunque non ha condotto all’arresto, come accaduto in altri casi, significa che in ogni caso qualche elemento rilevante è in loro possesso. Ed allora qui sorge un semplice quanto profondo interrogativo. In questo contesto storico e sociale alle famiglie è stato riconosciuto troppo “potere” di invasività nelle dinamiche riguardanti la vita ordinaria e non ordinaria delle scuole. Lo abbiamo registrato in altri casi, e forse dei paletti andrebbero collocati». Ma Barone va cauto: «In italia esiste il principio generale della non colpevolezza, è vero, ma i processi si fanno nelle aule di Tribunale, la giustizia deve avere il suo ordinario corso senza che venga tirata per la giacchetta. Quindi, prima di tirare le somme, in casi come questi, è meglio attendere l'esito sostanziale e procedurale dell'intera vicenda».

«E comunque andrà a finire questa storia, sia che si affermi l'innocenza della maestra, oppure la sua colpevolezza - aggiunge Barone - una cosa è certa: nulla sarà più come prima in quella scuola, il clima ambientale è stato complessivamente “inquinato”. E di chi sarà la responsabilità di tutto ciò?». «Dal punto di vista penale - prosegue il legale - la Cassazione afferma dei principi importanti in materia di cui si dovrà tenere conto, complessivamente, per meglio capire quali sono i paletti "giuridici" che sussistono in tali casi. In merito all'abuso di mezzi di correzione e maltrattamenti in sede scolastica evidenzia che "da un lato, non ogni intervento correttivo o disciplinare può ritenersi lecito solo perché soggettivamente finalizzato a scopi educativi o disciplinari; e, d'altro lato, può essere abusiva la condotta, di per sè non illecita, quando il mezzo è usato per un interesse diverso da quello per cui è stato conferito, per esempio a scopo vessatorio, di punizione esemplare, per umiliare la dignità della persona sottoposta, per mero esercizio d'autorità o di prestigio dell'agente”».

Sempre la Cassazione ha affermato a tal riguardo affermato che “l'uso sistematico della violenza o di trattamenti afflittivi della personalità del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti”. Dunque, sottolinea ancora il legale, «l’esercizio della funzione correttiva con modalità afflittive e deprimenti della personalità, nella molteplicità delle sue dimensioni, contrasta infatti con la pratica pedagogica e con la finalità di promozione dell'uomo a un grado di maturità tale da renderlo capace di integrale e libera espressione delle sue attitudini, inclinazioni ed aspirazioni, a sua volta, per la configurabilità del reato di maltrattamenti occorre in ogni caso che la vittima sia sottoposta a una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e di vessazioni che avviliscono la sua personalità».

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