Negli asili obbligatorio il crocefisso
Il nuovo regolamento per le scuole d'infanzia impone anche il tetto sui bimbi stranieri, con prelazione per genitori residenti da almeno 5 anni.

Uno: il crocifisso appeso per principio in ogni aula. Due: il grembiulino ”consigliato” a tutte le famiglie. Tre: il diritto di prelazione, per l’ingresso in una scuola, riservato ai bimbi con mamma e papà italiani, meglio ancora se triestini, o quantomeno immigrati residenti di vecchia data. Quattro: quattro come il numero massimo di stranieri per ogni dieci iscritti in una singola classe. Ecco gli ingredienti di base con cui è stato cucinato nell’ultima seduta del Consiglio comunale del 2009, la notte del 21 dicembre, in pieno clima natalizio, il nuovo Regolamento per le scuole dell’infanzia su cui il Municipio ha diretta competenza, volgarmente chiamate asili prima ancora che scuole materne comunali.
Un piatto burocratico in salsa padana, con una leggera spruzzata di finianità: la divisa scolastica suggerita e non imposta, tra grembiuli e tute da ginnastica, su imbeccata del capogruppo di An Antonio Lippolis, era stata infatti già concordata e digerita nella fase preparatoria del nuovo Regolamento, in sede di Quinta commissione presieduta dall’azzurra Manuela Declich, competente in materia di Educazione. Gli altri tre punti (crocifissi, priorità d’accesso ai residenti e tetto di stranieri per classe) costituiscono - pur mitigati dalla mediazione condotta per tenere assieme la maggioranza dal grande ”tessitore” del Consiglio, il capo dei berluscones Piero Camber - una vittoria della Lega e del suo capogruppo Maurizio Ferrara, l’ex uomo del sindaco in quanto ex capogruppo della Lista Dipiazza. Una vittoria conquistata in dirittura d’arrivo, cioè all’atto del voto decisivo in aula, tra emendamenti, sub-emendamenti, ordini del giorno e principi fatti propri dalla giunta per il tramite dell’assessore al Welfare Carlo Grilli, che nell’occasione ha sostituito l’assessore direttamente competente, quello all’Educazione Giorgio Rossi. Assente. Giustificato dallo stesso Roberto Dipiazza: «Purtroppo aveva già fissato un impegno per la serata odierna, visto che il Consiglio comunale viene convocato di lunedì e non di martedì».
L’ETICHETTA
La sostanza non cambia: il Carroccio, stavolta, col placet della maggioranza di centrodestra, riesce a fare il pieno. A mettere il proprio timbro, a pochi mesi dalle elezioni, su una delibera ”sensibile” come quella che regola le modalità di ingresso negli asili pubblici. Una delibera che, peraltro, è già ”legge”, essendo stata votata contestualmente l’immediata eseguibilità, ed essendo già in queste ore appoggiata, per la libera consultazione, con tutti gli allegati richiesti dalla prassi amministrativa, sul tavolone dell’Albo pretorio del Municipio. L’unico principio che verrà introdotto pian piano - visto che il nuovo comma del Regolamento recita che «potrà essere raggiunto gradualmente iniziando dal prossimo anno scolastico» - è proprio quello del tetto del 40% di alunni stranieri per classe. Esso rappresenta la soglia massima di non italiani «in ogni sezione» al quale il Municipio consentirà di giungere ai dirigenti delle singole strutture scolastiche. Rispettandone un’autonomia che potrebbe - dal momento che «tale tetto, di norma, può variare sino al 40%» - contemplare quote di figli di immigrati anche più basse.
LA MEDIAZIONE
Questa enunciazione, sta scritto chiaramente agli atti, la Lega l’avrebbe voluta più marcata, col tetto al 30%, ma costituisce il frutto di una mediazione coi berluscones, visto che il sub-emendamento risolutore porta la firma dei soli Ferrara e Camber. Stessa cosa è successa per il requisito della residenza. I bossiani avevano preparato un emendamento secondo il quale «i bambini appartenenti a nuclei familiari in cui un genitore risieda in Italia da almeno dieci anni, di cui cinque anche non continuativi nel Comune di Trieste» avrebbero dovuto precedere in automatico tutti gli altri coetanei. Tradotto: una corsia preferenziale per la «nostra gente», per dirla in gergo bossiano, che però gli uffici tecnici del Municipio hanno bocciato come irrispettosa del principio di pari trattamento comunitario. Il gruppo degli Fi-Pdl, anche in questo caso, e anche in questo caso senza le firme degli alleati, ci ha messo la pezza del compromesso, proponendo un meccanismo di prelazione «a parità di tutte le altre condizioni» che spartisce: un punto in più ai fini dell’accesso per chi ha almeno un genitore che risiede da almeno cinque anni in questa città, due punti in più se il requisito va dai cinque ai dieci anni e tre punti in più se la ”triestinità” supera il decennio. Quisquilie, dato che l’essere un bimbo disabile vale 300 punti, o avere mamma e papà disoccupati vale 100. Ma anche quel punticino, che al massimo arriva a tre, ”filosoficamente” e politicamente pesa come un macigno.
L’APPROVAZIONE
È proprio sulla combinazione di questi due punti peraltro, che il Consiglio - o meglio il centrodestra, tra le proteste indignate del centrosinistra (si veda a questo proposito gli altri articoli della pagina, ndr) s’è sfilacciato, rischiando un collasso già provato, di questi tempi, su questioni calde come il Piano regolatore. Il crocifisso, in fondo, stava bene a tutti, per lo meno a quelli di maggioranza, bandelliani, finiani e dipiazzani compresi, tanto che Grilli ha fatto proprio l’emendamento Ferrara limando l’espressione «è obbligatoria la presenza» in «si prevede la presenza del crocifisso». Forma diversa, sostanza identica. In molti, tra quelli che sostengono Dipiazza al di là dei berluscones, avrebbero preferito che l’abbuffata padana fosse finita con la garanzia della onnipresenza, in asilo, del simbolo di pace cristiano. Non è stato così. Si sono però turati il naso e per mantenere la pace - sì ma quella politica della maggioranza di centrodestra - alla fine hanno approvato il nuovo Regolamento. Regolamento che, d’altronde, apre anche la strada a una novità che un marchio politico proprio non ce l’ha, e che è la risposta a un’esigenza dei nostri tempi: la garanzia di un asilo pure al sabato mattina in centro città. I sì - dicono le carte depositate attualmente all’Albo pretorio - sono stati 24: quelli di Fi-Pdl, Un’altra Trieste, Lista Dipiazza, sindaco compreso, An, Lega Nord, Pri, Udc e Gruppo misto, compreso l’ex Margherita Alessandro Minisini. I no si sono fermati a 14, quelli di centrosinistra. Che per strada, oltre a Minisini, hanno perso pure Emiliano Edera della Lista Rovis: astenuto.
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