Nella città rimasta senza liberazione

La situazione militare di Trieste e della Venezia Giulia conosce negli ultimi giorni dell'aprile 1945 la fase più decisiva. Note ormai le direttive impartite da Tito alle formazioni filo jugoslave e altrettanto esplicite quelle dei comunisti italiani, il Cln di Trieste si rese conto che non poteva attendere alcuna liberazione dall'esterno e che qualsiasi atto, anche simbolico, avrebbe potuto assumere un alto significato politico. Solo un'insurrezione guidata dal Cln avrebbe legato le sorti della città al resto della nazione, ovvero eseguire l'ordine di insurrezione generale impartito del Cln Alta Italia, perché le intenzioni del Fronte di liberazione sloveno era invece di favorire il rapido arrivo delle truppe di Tito, ritardate però dall'estrema opposizione delle truppe tedesche in Carso.
L'ordine di insurrezione, impartito nelle prime ore del 30 aprile da don Edoardo Marzari, presidente del Cln di Trieste, appena liberato dal carcere, coglie di sorpresa tanto i tedeschi che i comandi militari sloveni e i comunisti locali. Per un intero giorno, Cln, Unità operaia, Guardia di finanza, Guardia civica, formazioni di patrioti e di partigiani sloveni combattono fianco a fianco per imporre ai comandi tedeschi una tregua. Il 1° maggio, con l'arrivo dell'avanguardia della IV armata jugoslava in città, la situazione si rovesciò a suo favore con la ripresa di più duri combattimenti con i tedeschi che non intendevano più arrendersi. La capitolazione del presidio tedesco di Trieste avviene solo nel pomeriggio del 2 maggio con l'arrivo della II divisione neozelandese.
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