Nell’armadio di Didi la storia dell’Unione in 158 magliette

Il trentacinquenne colleziona divise della Triestina dal 2000 La più “antica” indossata da De Luca nella stagione 1972-73
Di Gianpaolo Sarti

Una partita di pallone non finisce con il doppio fischio dell’arbitro. Ce n’è un’altra che continua negli spogliatoi, nei cassetti degli armadi e nei bauli delle cantine. Che sa di storia. La storia di una maglietta sudata e spiegazzata. Il trentacinquenne Daniele Diminich ne ha messe insieme a decine di maglie, tutte della Triestina. La sua è una collezione di 158 pezzi che racconta l’Unione. Quella che fu e quella che, a gran fatica, è. Oggi, abituati ai tessuti hi-tech, fa un certo effetto tenere in mano una Lacoste rossa anni Settanta con il numero in pelle cucito sopra.

La passione di Daniele, detto “Didi”, comincia diciassette anni fa, quando inizia a seguire la squadra da tifoso, in curva e in trasferta. Siamo nel 2000, in era Berti: gli alabardati sono in C2 e stanno per compiere i primi passi della cavalcata verso la B. Nel comò di casa, Didi conservava già un cimelio: una casacca verde della stagione ’89-’90 con attaccato su lo sponsor “Il Piccolo”. Un regalo per la prima comunione del fisioterapista della squadra, Fabio Iurada, amico di famiglia. Guardandola con l’occhio del tifoso non era più soltanto una semplice maglietta un po’ lisa. «Ho iniziato a vederci qualcosa di più - riflette Daniele - ci vedevo la storia, il segno del sacrificio che ogni giocatore ci mette in campo in qualsiasi categoria».

Da quella volta, pezzo dopo pezzo, Diminich ha accumulato il suo tesoro. Un po’ con gli altri collezionisti, un po’ rintracciando gli ex calciatori. O, ancora, sul campo da gioco. «La prima maglia che sono riuscito a prendere in una partita era nel 2005», ricorda con fierezza Daniele. È una numero 15 di tale Karim Azizou. L’ultima acciuffata appartiene invece a Dino Sangiovanni, stagione 2012, dopo lo scontro play-off con la temibile Pro Dronero. «Ah sì, quando te son tornado a casa con quella roba spuzzolente», rammenta la moglie Cristina che asseconda, con pazienza, la passione del marito. La partita, finita 3 a 3, condanna l’Unione a rimanere in categoria. Verrà ripescata per qualche fortuna astrale e spedita in D a tavolino. Sono storie così, aneddoti che capisce solo chi si è mangiato il fegato nei mesti e pressoché solitari pomeriggi in curva. Daniele li ricorda mentre ripone le casacche in un armadio della stanza da letto, tutte lavate a mano a bassa temperatura e tenute in cellophane, quasi sottovuoto. Una tarma farebbe una strage.

La collezione è dettagliata: per ogni annata Diminich possiede tutte le varianti della divisa (prima, seconda e trasferta), sia del colore che dello sponsor stampato. Prendiamo ad esempio la stagione 2002-2003, la volta del grande ritorno in B. La divisa da gioco quell’anno presenta ben 9 versioni: la squadra scende in campo prima senza sponsor, in stile ex Barcellona, poi con una colomba della pace disegnata su e, ancora, con una griffe dell’Acegas. Didi le ha tutte. Il pezzo più vecchio? «La Lacoste del ’72-’73 indossata da Sergio De Luca, difensore», precisa Daniele consultando un almanacco di Dante di Ragogna. Numero 5 in pelle. Stile. C’è poi anche una Fissan dell’83-84, altro cimelio. Il 35enne ha fotografato e pubblicato tutto sul suo sito www.lamagliatriestina.it. Il portale ha anche un intento benefico: «Per ogni maglia che mi verrà ceduta, utile ad arricchire la collezione, mi impegno a fare una donazione a un’associazione benefica». Il primo versamento andrà all’Abc onlus che sostiene i bimbi del Burlo. Chiuso l’armadio, Didi si abbandona a una confessione: «Ho anche qualche maglia del vecchio Ponziana, del ’73-’74». Ma questa è un’altra Storia.

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