Nives Meroi e Romano Benet i conquistatori di “ottomila”

Nel loro palmarès non solo le vette di 11 delle 14 montagne oltre gli 8mila metri esistenti sulla terra, ma anche la sconfitta di una grave malattia e il ritorno alla vita e alle grandi imprese....

Nel loro palmarès non solo le vette di 11 delle 14 montagne oltre gli 8mila metri esistenti sulla terra, ma anche la sconfitta di una grave malattia e il ritorno alla vita e alle grandi imprese. Nives Meroi e Romano Benet, ospiti oggi alle 20.30 alla Galleria comunale, sono scalatori leali verso se stessi e la montagna, credono nella solidarietà, condivisione delle conquiste sportive e umane. Le cime tetto del mondo non le conquistano, le salgono, «sentendosi a casa», spiega la Meroi, bergamasca che da oltre vent’anni vive a Tarvisio. «Conosciamo la fatica fisica, le difficoltà tecniche e psicologiche della scalata senza bombole di ossigeno e portatori».

Come preparate una spedizione ?

«Seguendo gli insegnamenti andando inizialmente sulle nostre montagne, un avvicinamento consapevole, responsabile e onesto. Poi è stato naturale andare a scalare i giganti dell’Himalaya. La montagna ti mette a confronto con la consapevolezza del rischio. Ti rende libero facendoti assumere la responsabilità della vita».

Cosa ha significato l’ultima impresa sul Kangchenjunga, terza cima al mondo?

«La riconquista della vita e poco importa se nel buio abbiamo sbagliato canalone e siano saliti sulla cima sbagliata. È stata la prima uscita di Romano dopo due anni di lotta contro la sua malattia. Una soddisfazione e immensa gioia vedere che dopo le cure e due trapianti di midollo lui ha ripreso come prima. Per questo il nostro messaggio ai giovani scalatori è di aderire all’associazione “Climb for life”, che nell’ambito dell’Admo – Associazione donatori midollo osseo –, permette di salvare altre vite».

Essere donna in montagna è uno svantaggio?

«Dal punto di vista fisico siamo meno forti ma è vero che il nostro corpo è più adattabile alla quota. Siamo così in grado di compensare lo svantaggio fisiologico con altre qualità delle quali dobbiamo avere consapevolezza per sfruttarle al meglio».

“Le montagne che non ho scalato” è il titolo di questo incontro oggi a Monfalcone, perché?

«Io uso le storie delle mie scalate come linguaggio per raccontare altro e condividere con chi mi ascolta e conosce il mio percorso verso la montagna e la vita. Prossimi impegni? In primavera speriamo di ripartire per il Nepal. Ma ci sono due incognite: trovare sponsor e scegliere la meta in base alle condizioni atmosferiche».

Margherita Reguitti

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