Nuovo taglio del cuneo fiscale, Cgil e Uil: «Penalizzati i ceti bassi. Per la Cisl: ci sarà un impatto positivo»

Divisi i sindacati del Friuli Venezia Giulia sul nuovo meccanismo di taglio al cuneo fiscale

Giorgia Pacino
Matteo Zorn, segretario regionale della Uil in Fvg
Matteo Zorn, segretario regionale della Uil in Fvg

Una riforma che «non tiene conto del principio della progressività» e anzi «penalizza i ceti più bassi», secondo alcuni. Ma anche un intervento «finalmente strutturale» e che avrà «un impatto comunque positivo», per altri.

Divide i sindacati della regione il nuovo meccanismo di taglio del cuneo fiscale, introdotto dal governo con la legge di bilancio 2025, che interviene direttamente sul calcolo dell’Irpef senza incidere sui contributi previdenziali.

«Le buste paga a gennaio non saranno più pesanti che a dicembre. Il taglio non ha migliorato nulla», taglia corto Matteo Zorn, segretario regionale della Uil. «Da tempo chiediamo una riforma fiscale vera, che vada incontro ai lavoratori dipendenti e ai pensionati che pagano la gran parte delle tasse. Per aumentare il potere d’acquisto servirebbe un intervento per detassare gli aumenti contrattuali, così aumenterebbero i livelli dei contributi e lo spazio per la contrattazione collettiva», spiega Zorn, che boccia nel complesso la riforma della fiscalità portata avanti dal governo Meloni. «Non condividiamo una riforma della fiscalità che riduce le aliquote perché riduce la progressività che è un principio costituzionale. È una riforma che non si muove nell’ambito dell’equità, ma al contrario penalizza i lavoratori dei ceti più bassi. Servirebbe tutt’altro approccio».

Dello stesso avviso il segretario regionale della Cgil, Michele Piga, che non individua alcun vantaggio nel nuovo meccanismo, neppure per una platea limitata di contribuenti. «L’intervento sul cuneo fiscale non ha fatto altro che confermare i provvedimenti già in campo da tre anni a questa parte. È stato reso strutturale, ma in questo percorso la gente perde soldi», avverte Piga, che calcola in 200 euro il minor guadagno. «C’è la necessità di intervenire sulle fasce più deboli con una progressività corretta. L’intervento sulle partite Iva allargato fino a 85 mila euro va ad avvantaggiare solo i lavoratori autonomi, che a parità di reddito pagano 9 mila euro di tasse in meno all’anno rispetto ai dipendenti». Secondo il segretario regionale, il nuovo meccanismo basato su coefficienti differenti per ogni fascia «non è un intervento corretto: crediamo che chi ha di più debba dare di più, invece sono stati anche modificati i meccanismi delle detrazioni che davano soldi alle fasce più deboli». Per la Cgil «si fa cassaforte con i lavoratori dipendenti, a cui è stato proposto un aumento del 6% a fronte di una crescita dell’inflazione del 17%, e non si interviene sull’evasione fiscale. Anzi: siamo di fronte a più di 20 condoni».

Più positivo il giudizio della Cisl, che vede nella manovra una risposta, almeno parziale, alle richieste avanzate dal sindacato. «Considerate le premesse e le risorse limitate, non si poteva fare di meglio. Quanto al dettaglio, aver reso strutturale il taglio del cuneo significa aver mantenuto un impegno con le organizzazioni sindacali», sottolinea Cristiano Pizzo della segreteria regionale della Cisl. «Avevamo chiesto al governo di intervenire sui redditi medio-bassi e il governo lo ha fatto. Il taglio, che da contributivo diventa fiscale, avrà un impatto comunque positivo, soprattutto per i redditi fino a 32 mila euro». La Cisl aveva chiesto anche una riduzione dal 35 al 32% dell’aliquota per il secondo scaglione Irpef, quello che si applica ai redditi fino a 50 mila euro. «Non avrebbe cambiato la sostanza, ma avrebbe dato ulteriore slancio alla direzione di questi interventi», aggiunge Pizzo. «Si può sempre fare di meglio e ci auguriamo che lo facciano. È un passaggio che va nella direzione delle richieste che avevamo fatto al governo: non risponde a tutte le richieste, ma abbiamo colto un segnale positivo». —

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