Omicidio Novacco, indagata anche la moglie di Cavalli

Si chiama Barbara Tardivo. Ha 30 anni. È la moglie di “Tex” Alessandro Cavalli, arrestato, così come il complice Giuseppe Console, per l’omicidio di Giovanni Novacco.
Da ieri mattina Barbara Tardivo è indagata perché giovedì 25 agosto - il giorno del sequestro di Novacco - è entrata nella stanza dell’orrore di via Gemona 5 e ha visto il giovane nudo, imbavagliato e legato sulla sedia mentre i due seviziatori lo picchiavano. La donna non ha fatto nulla per fermare quella violenza. Non ha dato l’allarme, ma si è tenuta dentro l’immagine devastante di quel ragazzo in fin di vita sulla sedia. Se avesse lanciato l’Sos avrebbe salvato, assieme alla vita del prigioniero, anche il futuro di suo marito e di Giuseppe Console. Invece Barbara Tardivo non ha fatto nulla per fermare i due. E non ha chiamato la polizia nemmeno quando, alle 3.30 di venerdì 26 agosto, suo marito è rientrato a casa in via dei Giacinti, assieme al complice. I due sono andati immediatamente nel bagno per tentare di far sparire dalle suole delle loro scarpe i segni del massacro.
Ieri alle 10 due agenti della Squadra mobile hanno “accompagnato” l’indagata nell’ufficio del pm Massimo De Bortoli, che le ha notificato di persona l’avviso di garanzia. Al momento la moglie di uno dei due assassini è indagata per omissione di soccorso. Rischia per questa ipotesi di reato una pena simbolica, alla quale non può non essere applicata la sospensione condizionale. Ma la sua iscrizione nel registro degli indagati indica che Barbara Tardivo è ritenuta, seppure indirettamente, collegata all’omicidio. Ieri, dopo la notifica dell’avviso, è immediatamente iniziato l’interrogatorio, con l’assistenza dell’avvocato Deborah Berton. «Ho avuto paura dopo aver visto cosa stava accadendo» ha affermato l’indagata piuttosto scossa. Parlava con un filo di voce: «Sono ancora sotto choc».
Fino a ieri il ruolo di Barbara Tardivo nell’inchiesta è stato quello di testimone, null’altro. Ma che la sua posizione fosse destinata ad aggravarsi era emerso già dall’ordinanza del 30 agosto scorso, con cui il giudice del Tribunale di Paola, Carmine De Rose, aveva disposto l’arresto di Giuseppe Console, fuggito da Trieste subito dopo il delitto per rifugiarsi nell’abitazione calabrese di Verbicaro, di proprietà della sua famiglia. Scrive il giudice De Rose: «Barbara Tardivo ha riferito di aver visto di persona il marito e Giuseppe Console segregare fin dal pomeriggio del 25 agosto un ragazzo poi individuato come Giovanni Novacco. La donna affermava di essere giunta nell’appartamento di via Gemona 5 tra le 20.35 e le 21. E di aver visto effettivamente il marito e l’amico tenere prigioniero, legato e imbavagliato con nastro adesivo su una sedia, a torso nudo, un giovane dell’età di 25 anni. I due si rivolgevano al prigioniero in modo sprezzante e minaccioso, accusandolo di furti di biciclette e di autovetture».
Ha raccontato ieri Barbara Tardivo al pm De Bortoli: «Mi sono allontanata dopo pochi minuti dall’appartamento di via Gemona. Ero impaurita, non sapevo che fare: mi era chiaro solo che non dovevo collaborare a quanto stava accadendo. Ho risposto no alla richiesta di sorvegliare il prigioniero». All’interrogatorio, Tardivo si è seduta sulla stessa sedia da cui per otto ore l’altro ieri aveva risposto alle domande del magistrato il marito, Alessandro Cavalli.
Secondo la ricostruzione del delitto effettuata dal giudice De Rose, a chiamare la donna nell’appartamento di via Gemona, dichiarato inagibile dall’Ater, era stato Giuseppe Console - non suo marito - con una telefonata. La “convocazione” era direttamente collegata alla necessità dei due assassini di uscire dall’alloggio, come in effetti è poi accaduto. Nell’ordinanza del giudice del Tribunale di Paola si legge infatti: «Subito dopo essere uscita dalla casa della tortura, (la donna, ndr) ha notato distintamente i due (Console e Cavalli, ndr) chiudere alle loro spalle la porta dell’appartamento con una catena e un lucchetto». All’interno era rimasto Giovanni Novacco, immobilizzato e imbavagliato.
L’interrogatorio di Barbara Tardivo ieri si è concluso poco prima di mezzogiorno. Poi il colpo di scena. A sorpresa, Tardivo e Console si sono incontrati per un attimo. È accaduto all’esterno dello stabile di via Zanetti 2, sede del Tribunale di sorveglianza. La donna era in strada, fumava. Lui, giunto pochi minuti prima sotto scorta dal carcere di Gorizia, è uscito dal portone con due agenti della polizia penitenziaria. Giuseppe Console (giunto l’altra sera, qualche ora prima del previsto, nel carcere goriziano di via Barzellini), non ha infatti rinunciato a presenziare alla brevissima udienza in cui il pm De Bortoli ha incaricato il dottor Fulvio Costantinides di effettuare l’autopsia sul cadavere di Giovanni Novacco. All’udienza erano presenti gli avvocati Maria Genovese, difensore di Alessandro Cavalli e Cesare Stradaioli, legale di fiducia di Giuseppe Console. Quest’ultimo ha formalizzato la nomina del proprio perito, il dottor Stefano Kusstatscher di Padova.
All’arrivo in via Zanetti Console ha manifestato un certo timore. «Non c’è nessuno che ti aspetta, stai tranquillo, ma mettiti in ordine i pantaloni perché non hai la cintura», ha affermato un agente della polizia penitenziaria per rassicurare il detenuto. Tra i due uomini in divisa Console, che fino a pochi giorni fa si faceva chiamare Beppe Riina in segno di apprezzamento per il boss dei boss, è apparso spaurito e ancora più minuto di quanto effettivamente sia. Barbara Tardivo lo ha osservato dall’altra parte della strada per un attimo. Poi ha girato lo sguardo.
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