Panizon: «Il Burlo ricoverava per fare cassa»

«Quando sono arrivato a Trieste nel mitico ’68 la città era indietro rispetto a tutta l’Italia non solo per la qualità delle cure e per la qualità dell’albergaggio ma anche e specialmente per il rapporto reciproco, di potere, dall’alto in basso, fra medici, infermieri e pazienti. Per quello accettò tante trasformazioni (Basaglia e la riforma psichiatrica, le novità introdotte al Burlo per la cura dei bambini): perché era la “bella addormentata”, non si accorgeva di quello che stava succedendo». Parole pesanti e vibranti, quelle di Franco Panizon, pediatra tra i fondatori del Burlo Garofolo con Sergio Nordio, che oggi alle 16 nell’aula magna della Scuola superiore di lingue moderne per interpreti e traduttori di via Filzi 17 pronuncerà nel corso del convegno «La salute a Trieste, il salto degli anni ’70 e l’onda lunga che ne è seguita», organizzato dal Circolo di studi «Che Guevara». Vi partecipano altri testimoni “forti”: Franco Rotelli, Fulvio Camerini, Michele Zanetti, Roberto Ferri.
Panizon fa l’affondo, e spiega come proprio dal contatto con Basaglia e le sue democratiche politiche di cura anche le cure per i piccoli siano drasticamente cambiate (cosa, aggiunge, che intanto Camerini faceva all’ospedale Maggiore). Secondo il medico il Burlo «era certamente assai grande per una città relativamente piccola come Trieste, ma vuoto: i bambini ricoverati erano tutti di Trieste, e non avevano, in media, niente, nessuna malattia che meritasse il ricovero, Venivano ricoverati - dirà oggi il pediatra - “perché si doveva”, cioé per fare soldi: soldi non per arricchirsi, ma per fare andare avanti la baracca. Mi par di ricordare che tutti avessero solo tonsilliti, bronchioliti o diaree, robetta».
Così il mito si incontra con un ricordo di vita vissuta da una classe di “medici giovani” (che non trascura di ignorare, di quei tempi, nemmeno «l’impunità dell’errore medico») e si trasferisce alla situazione attuale, all’ospedale pediatrico/istituto scientifico con tante specializzazioni: «Il milione di abitanti del Fvg, con 100 mila bambini, offre una base troppo ristretta per una casistica sufficiente a giustificare e a consentire una esperienza sufficiente alla diagnosi e cura. Serve un Istituto di diagnosi e cura sovraregionale, e il Burlo si è trovato a essere, nel tempo giusto, la giusta risposta ad alcuni bisogni non solo della città e della regione, ma dell’intero paese». (g. z.)
Riproduzione riservata © Il Piccolo