Un giornale in cammino con la sua gente

Interpretare, più che descrivere: siamo un’infrastruttura al servizio della comunità, un luogo in cui articolare il dibattito in ragione del pubblico generale interesse, una piazza in cui si manifesta e seleziona la nuova classe dirigente

Paolo PossamaiPaolo Possamai

Ma a che serve un giornale al tempo della disintermediazione e dei social? Verrebbe da parafrasare Churchill, quando sostiene che la democrazia è «la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora». Sta a dire che Il Piccolo dal 1881 è un luogo di esercizio della democrazia, un’infrastruttura al servizio della comunità, un luogo in cui articolare il dibattito in ragione del pubblico generale interesse, una piazza in cui si manifesta e seleziona la nuova classe dirigente. E tale missione vorrei ribadire oggi, all’inizio di un nuovo tratto alla guida del giornale fondato da Teodoro Mayer, ringraziando l’Editore per la fiducia accordata, la redazione per l’impegno che ci coinvolgerà nei prossimi tempi, il mio predecessore Luca Ubaldeschi per il lavoro degli ultimi due anni.

Non credo a un giornale mero e supino registratore dei fatti. Penso appartenga ai nostri doveri di offrire anche interpretazioni ai fenomeni, di intercettare protagonisti, di setacciare opportunità e critiche in rapporto al pubblico interesse. Tenterò di seguito di illustrare appena qualche esempio.

Trieste è tornata a essere un crocevia di rapporti internazionali: da tale osservatorio guarderemo con costanza alle relazioni con i Paesi dell’area balcanica e centro-europea, semplicemente perché ci riguardano. Se l’Ue conoscerà un nuovo processo di allargamento, sarà appunto verso Est, a partire da Montenegro, Albania, Serbia. Allo stesso modo, rispetto al baricentro effettivo consegnato dalla storia al presente di Trieste, ossia l’economia portuale, dopo oltre 500 giorni di paralisi al vertice con quanto significa in termini di stallo degli investimenti e di incertezza nelle strategie, daremo quotidianamente conto della vita del porto: perché coincide con il futuro della città (e perché rappresenta un asset fondamentale dell’Italia).

Ancora un esempio, per parlare di Gorizia e dell’eredità di un’annata memorabile: il 2025 rappresenta con il tracciato della Capitale europea della Cultura una formidabile opportunità, sul versante dell’economia turistica ma non solo. Tutto dipenderà da come verrà coltivato il terreno.

E infine un ultimo esempio, legato pur esso all’attualità più stretta. Parliamo del modello operativo e delle relative ricadute sociali di Fincantieri a Monfalcone: tocca alla politica interpretare le strategie di sviluppo di una delle ultime grandi industrie italiane in rapporto al territorio, tocca a noi chiamare a pubblica responsabilità tutti i decisori.

Il seguito degli esempi lo avrete sulle pagine del vostro giornale. —

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