Paolo Sonson: «Ho vissuto per il canto lirico»

Ho incontrato il signor Paolo Sonson a Gradisca, sua città natale e dove risiede tuttora.
Ho sentito più volte parlare di lui per il lavoro che ha svolto durante l'arco della vita come cantante lirico, sia presso il coro del Teatro Verdi di Trieste, sia anche con parti da solista.
In che momento è nata la sua passione?
«In realtà - risponde Paolo Sonson - non c'è stato un momento preciso, fin da bambino cantavo spesso e chi mi ascoltava apprezzava la mia voce e si complimentava. Una spinta autorevole l'ho avuta dal maestro Giovanni Pian che aveva una profonda conoscenza della musica, anche come apprezzato compositore, e che mi ha aiutato nell'apprendimento delle basi musicali, indispensabili anche per il canto».
Come si è poi evoluta la sua storia?
«A diciott'anni ho vinto il primo premio ad un concorso: "Canzonissima a Tolmezzo". Nello stesso periodo facevo parte del coro "Città di Gradisca" diretto da don Miniussi. Purtroppo nel 1967, per volontà dei miei genitori, titolari di un'attività commerciale in Gradisca, fui mandato a Milano per seguire un programma di studi inerente a tale attività. Sembrava scontato che io dovessi continuare il loro lavoro, abbandonando così la mia passione per il canto. In realtà, una volta a Milano, più che dedicarmi allo studio, frequentavo assiduamente la Scala. Terminati gli studi, sono tornato a casa e ho continuato a coltivare in maniera approfondita il mio interesse per la musica, a questo punto osteggiato vivamente dai miei genitori. Ho partecipato a un concorso bandito dal coro del Teatro Verdi di Trieste e sono stato assunto».
Nell'arco della sua carriera, ha avuto modo di conoscere personaggi importanti?
«Nei primi tempi ho ricevuto lezioni dal maestro Ettore Campogalliani, che è stato guida anche di cantanti lirici molto famosi quali ad esempio Pavarotti. Per un lungo periodo dunque sono andato ogni lunedì a Mantova per seguire tali insegnamenti. Durante la frequentazione della sua casa ho avuto modo di conoscere personalità di spicco, anche lo stesso Pavarotti. In un'occasione incontrai il Commendator Cappelli, che mi propose di cantare all'Arena di Verona. Durante una cena organizzata dagli "Amici della lirica di Mantova" gli invitati risultavano essere tredici. Pur essendo il Commendatore un personaggio fortemente superstizioso, la cena ebbe comunque luogo e tre dei commensali, a distanza di tempo, morirono, compreso il Commendatore. Aveva qualche fondamento la sua superstizione? Mah! Altro personaggio di spicco da me conosciuto è stata la grande attrice Franca Valeri, assieme alla quale ebbi modo di partecipare a diverse rappresentazioni liriche con la sua regia in vari teatri italiani. Comunque le pressioni dei miei famigliari mi costrinsero a perdere l'occasione di proseguire l'ascesa artistica».
Da quando è in pensione, qual è il suo legame con la musica?
«È sempre un interesse molto forte, che mi porta a frequentare, quando possibile, la Scala di Milano o il Teatro Verdi di Trieste. Personalmente, sono stato chiamato a cantare dei brani per qualche ricorrenza. L'anno scorso ho organizzato un concerto a ricordo di un evento storico importante, avvenuto nell'Agosto del 1945, quando un complesso scaligero al completo si esibì a Gradisca, nella zona golenale del fiume Isonzo».
Cosa trova di diverso tra l'epoca passata e il momento attuale, per quanto riguarda le voci e gli artisti?
«A mio parere, le voci non sono più ricche di sonorità e ampiezza come in passato. Forse ciò avviene perché quando una persona ha una "bella voce" viene spinta a esibirsi in parti non sempre idonee al suo timbro vocale e senza avere il tempo per una preparazione adeguata. Inoltre, vengono tenuti in considerazione più le qualifiche e i titoli, che le reali capacità dell'individuo».
Martina Conzutti
III BL Liceo Classico
“Dante Alighieri”
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