Parco della Rimembranza terra di spaccio di droga Obbligo di dimora per tre
Quel viavai continuo di persone aveva iniziato a dare nell’occhio ed era piuttosto sospetto. La Polizia non l’ha sottovalutato e ha iniziato a monitorare in sordina ma con grande attenzione, assieme alla Guardia di finanza, l’andirivieni di tanti soggetti, facendo un’amara scoperta: il Parco della Rimembranza, un tempo regno dei bambini, delle famiglie e degli anziani era diventato luogo di spaccio.
Ieri mattina, il capo della squadra mobile Claudio Culot e il comandante del Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Gdf di Gorizia Giovanni Sardella hanno presentato gli esiti dell’operazione “Red bike” che prende nome dal colore (rosso per l’appunto) della bicicletta utilizzata dal principale spacciatore e che ha permesso di «riportare l’ordine» (queste le parole di Culot) nel giardino pubblico.
L’indagine è partita nel gennaio scorso. E ha portato alla repressione di un’intensa attività di spaccio in quello che è sempre stato il “giardino buono” della città con i suoi spazi dedicati ai giochi dei bambini e i tanti simboli della memoria collettiva di Gorizia. Sequestrati oltre 100 grammi di stupefacenti, intercettati due spacciatori africani e individuato il loro fornitore, pure lui di colore. Nei loro confronti, al termine delle indagini, sono stati disposti 3 provvedimenti cautelari dell’obbligo di dimora emessi dal Gip del tribunale di Gorizia, in più sono stati denunciati a piede libero altri “favoreggiatori”, tutti italiani.
I fatti. Da alcuni mesi ormai, fra le panchine del Parco, si spacciava. Il problema era quello di riuscire a incastrare i “venditori” di droga. Come suggerito nell’ambito del progetto nazionale promosso dal servizio centrale operativo della Polizia, chiamato “Puscher 3-Piazza pulita”, si è fatto così ricorso ad una modalità d’indagine particolarmente efficace, ovvero l’utilizzo di telecamere per l’osservazione a distanza delle singole cessioni e l’intervento successivo nei confronti degli acquirenti, con sequestro dello stupefacente, per raccogliere una serie di prove a carico degli spacciatori e superare le difficoltà legate alla «modica quantità smerciata» in ogni singolo episodio.
«Al Parco della Rimembranza - spiega Culot - è installata una telecamera comunale, originariamente pensata a tutela dell’arredo urbano e dei giochi. Il suo utilizzo è stato decisivo perché ha fornito materiale inequivocabile per il corredo probatorio al pubblico ministero titolare delle indagini».
Ma qual era il modus operandi dei delinquenti? Seydou Camara, cittadino maliano domiciliato a Gorizia, era solito sostare a lungo sulle panchine del Parco della Rimembranza dove, nei cespugli vicini, aveva nascosto la droga ricercata dagli acquirenti. Nel tempo di qualche secondo avveniva lo scambio, di mano in mano. A rifornirlo ci pensava Janett Haba, originaria della Guinea e residente a Sagrado: era lei ad effettuare i viaggi a Udine per acquistare la droga. La donna, molto furbescamente, preferiva non incrementare troppo i quantitativi di sostanza da portare con sé: per questo si recava ripetutamente nel capoluogo friulano.
«A Udine - la conclusione di Culot e Sardella - la donna si incontrava con Basil Oneychere, nativo della Nigeria, sempre disponibile a venderle lo stupefacente». Un meccanismo oliato. —
Riproduzione riservata © Il Piccolo