Parrocchie esentate dal pagare la “tassa” del 3 % sulle offerte

La decisione comunicata a maggio ai sacerdoti dal vescovo Crepaldi Previsto anche un contributo in base al numero degli abitanti dei rioni 
Foto BRUNI 02.10.2019 Il Vescovo Crepaldi
Foto BRUNI 02.10.2019 Il Vescovo Crepaldi

il focus

L’impatto dell’epidemia da Covid-19 sulle casse della Diocesi e sui conti delle singole parrocchie, e le tante preoccupazioni che ne derivano, erano già state affrontate dal vescovo Giampaolo Crepaldi nel messaggio scritto nel maggio scorso e indirizzato ai sacerdoti e agli amministratori parrocchiali.

Al centro della lettera un tema cruciale: il crollo delle offerte elargite dai fedeli durante le messe. A pesare, come noto, è stato prima di tutto il blocco vero e proprio della raccolta degli oboli, conseguenza della chiusura delle chiese e della sospensione delle celebrazioni liturgiche. Ma la situazione non è rosea nemmeno adesso: gli accessi contingentati e le minori presenze in chiesa durante le messe stanno facendo diminuire significativamente gli importi delle offerte.

Così, per andare incontro alle parrocchie, dopo essersi confrontato con i vicari episcopali, Crepaldi lo scorso maggio ha deciso di sospendere la tassa del 3% – una percentuale sulle offerte raccolte – che le parrocchie dovevano versare alla Curia per il 2019. «Per quanto riguarda il 2020 si valuterà più avanti nel tempo», anticipa il vescovo nella lettera.

A supporto, la Curia ha deciso di conferire alle parrocchie 0,50 euro per abitante della zona di competenza. Su questo punto, le parrocchie con bilanci in positivo sono state invitate a rinunciare al contributo. Per far fronte all’emergenza, è stato anche istituito un fondo da 50 mila euro per l’acquisto di mascherine, segna posti, igienizzanti da distribuire nelle parrocchie.

Vista l’emergenza anche sociale dettata dalla violenza della pandemia, e a fronte della diminuzione delle entrate destinate a interventi caritativi, l’arcivescovo ha deciso poi di destinare 100 mila euro dei contributi della Cei a un fondo che porta il nome di monsignor Eugenio Ravignani. Può essere alimentato da enti pubblici e da privati cittadini, e viene gestito dalla Caritas, con il diretto coinvolgimento di alcuni parroci cittadini. —



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