Paul Cayard: «Io e la Bora in un mare di emozioni»

TRIESTE. La sua prima (e finora unica) Barcolana non l’ha mai dimenticata, anche se ormai sono passati quindici anni. Paul Cayard - lo skipper del Moro di Venezia tra le sue sette Coppa America, il primo americano a vincere la Whitbreaf, oggi Volvo Ocean race, il sette volte campione del mondo - era su TuttaTrieste assieme a Vasco Vascotto. Bora a 35–38 nodi sul primo bordo, a 55 nodi sull’ultimo. «Planavamo spinti dalla bora. E il timone, in quell’ultimo lato, mi si spacca tra le mani. Torniano indietro, siamo in pontile quando alla radio sentiamo richieste di aiuto di altri equipaggi in difficoltà e a quel punto ci diamo da fare anche noi per portare soccorso».
La sua Trieste Questa città è rimasta nel cuore di Paul Cayard. Per la bora («ero qua per la Nations Cup: esco all’alba per fare jogging e mi blocco. Tutto era travolto dal vento!»), ma non solo. «Per me è sempre un grande piacere tornare in Italia. Ma Trieste mi ha conquistato in un modo particolare: è una città italiana sì, ma a modo suo. Una città multiculturale di grande fascino, e lo dice uno che viene dagli Usa, il paese multiculturale per definizione». E poi, la Barcolana: «Duemila barche in acqua, 400mila persone attorno: una festa meravigliosa per il nostro sport. Un evento che fa parte della storia, unico perché non si trova niente di simile in tutto il mondo».
Il progetto Onboard Se Paul Cayard è tornato a Trieste lo si deve a un imprenditore pordenonese, Massimo Franzo, che ha lanciato il progetto Onboard. Tre regate (oltre alla Barcolana, la Venice Hospitality Challange e la Veleziana) e quattro convention, la prima delle quali questo pomeriggio alle 18 a Trieste al Magazzino 42 sul tema “Orizzonte cambiamento: cambiare il vento e ritrovare la rotta”: «Un’occasione di riflessione - dice Franzo - per quella parte di Nord Est del fare che ha voglia di scrollarsi di dosso il clima di incertezza e di trovare spazio per occasioni di confronto e collaborazione capaci di generare nuove opportunità».
Magari prendendo ispirazione dal mondo della vela, dalla capacità di fare squadra degli equipaggi puntando a un obiettivo ben preciso. Poi, le convention replicano anche a Udine, Pordenone e Venezia. Ecco quindi il perché della presenza di Paul Cayard, che in Barcolana sarà al timone di AnyWave, barca diventata simbolo del progetto. E non è un caso nemmeno questo: AnyWave è nata nel 2000 dalla matita dell’argentino German Frers, il papà, tra l’altro, anche del Moro di Venezia.
La presentazione Ieri, la conferenza stampa di presentazione del progetto. Con il sindaco Cosolini che ricorda a sua volta quella mitica Barcolana del 2000 e il presidente della Società velica di Barcola e Grignano Mitja Gialuz che non dimentica quelle notti del 1992 passate davanti alla tv a fare il tifo per il Moro di Venezia e il Cayard campione della classe Star, la classe che tuttora lo skipper di San Francisco ama maggiormente, come ha poi confidato.
Vela a 360 gradi «Come commentare la “nuova” Coppa America? Direi una parola sola: evoluzione. Molti dicono che è stato un fallimento, io invece preferisco pensare che il risultato di questa evoluzione ancora non si è visto, tutti i cambiamenti richiedono tempo per essere portati a termine. E poi questa è la Coppa America: chi vince detta le regole». Quale strada invece indica alla vela italiana per ritrovare le emozioni del passato? «No, non sta a me dirlo. Io posso solo ricordare che il Moro è stata un’avventura assolutamente unica. Era una squadra splendida che rappresentava un intero Paese e c’era un uomo chiave (Raul Gardini) come ora non ce ne sono più».
Ma la vela, per Paul Cayard, resta soprattutto la classe Star, nella quale ha vinto tutto ciò che c’era da vincere. «Ho iniziato a regatare in classe Star a 18 anni e ancora adesso mi diverto tantissimo. Si è soltanto in due a bordo, tocchi ogni aspetto della gestione della barca, sei davvero un “all around”. E mi piace da morire andare in barca con i ragazzi delle high school e soprattutto con i miei figli: un’emozione maggiore che non partecipare alle Olimpiadi o a una Coppa America».
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