“Peperino” stava preparando il suo sbarco anche a Gorizia

La catena dell’avvocato napoletano Nicola Taglialatela e del gestore Pietro Savarese era fra le tre cordate in lizza per l’ex bar Morocco, storico locale della città isontina
Di Francesco Fain e Piero Rauber
Udine 26 luglio 2016 controlli gdf cc Copyright Petrussi Foto Press / TURCO
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Dopo Trieste, Udine e Pordenone, “Peperino” stava per sbarcare anche a Gorizia. La catena che fa capo all’avvocato napoletano Nicola Taglialatela e che ha come “frontman” triestino Pietro Savarese (entrambi indagati insieme ad altre dieci persone in un’inchiesta per l’ipotesi di reato di riciclaggio della Direzione distrettuale antimafia nata dai verbali delle dichiarazioni rese dal superpentito di camorra Pasquale Galasso al procuratore capo Carlo Mastelloni e al pm Federico Frezza) rientrava infatti nella rosa ristretta dei concorrenti pronti a rilevare la gestione dell’ex bar Morocco, uno dei locali isontini più in vista e alla moda ai tempi che furono. Sino a ieri, a Gorizia, sembrava solo una chiacchiera da bar. Addirittura si favoleggiava e si dava per certo che l’accordo fosse già stato sottoscritto e che a dicembre avrebbe aperto una pizzeria della catena finita proprio sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti della Procura, del Comando provinciale della Guardia di finanza guidato dal generale Giovanni Padula e del Nucleo investigativo dei carabinieri di Udine. La location isontina prescelta? Corso Italia, nei locali, per l’appunto, dell’ex Morocco.

A chiarire la situazione e a spegnere il chiacchiericcio che nel capoluogo isontino stava diventando “debordante” è Claudio Macuz, proprietario dei muri del Morocco e proprietario “storico” del bar. «Il locale - le parole di Macuz - si trova in una posizione importante in città. In questi mesi ho ricevuto tredici proposte da parte di imprenditori ed esercenti di tutta la provincia ma anche da fuori regione, interessati ad aprire qui un’attività. Poi è stata effettuata una scrematura e la rosa si è ristretta a tre imprenditori che, a nostro parere, erano solvibili e avevano le capacità economiche per sostenere quest’iniziativa. Fra queste, c’era anche la catena “Peperino”. Ma non era stato deciso ancora nulla. Altro che apertura a dicembre. Tutto era in fieri». Questo capitava prima che Trieste, attraverso la vicenda “Peperino”, venisse interessata così da vicino da un’inchiesta che reca appunto il timbro della Dda, la Direzione distrettuale antimafia: inchiesta che ha portato la scorsa settimana a due perquisizioni nelle pizzerie “Peperino” di via Coroneo e “Marinato” sulle Rive. Interessato appunto Savarese, il gestore storico di “Peperino” di via Coroneo. «I locali del Morocco, comunque, sono destinati ad essere riutilizzati - sottolinea Macuz -. Devo riaffittarli e ci saranno novità nei prossimi mesi». Frasi che contribuiscono a fare chiarezza e a smontare le tante parole che si erano “spese” in questi giorni. Il Morocco visse due vite. Quella degli anni Novanta con Macuz proprietario che fece diventare il locale alla moda e di tendenza. Poi rimase tristemente vuoto dalla fine del 2006, quando il titolare decise di cessare l'attività. Quindi il locale ricominciò a vivere ma la gestione (nuova di zecca) si rivelò assai sfortunata. Poteva toccare dunque a Savarese (e al gruppo di Taglialatela), che già si stava preparando a rilevare “Zoe Food” di via Venezian prima che scoppiasse il caso “Peperino”. Va una volta di più precisato che l’ipotesi di reato principale su cui stanno lavorando attualmente nel massimo riserbo i militari di finanza e carabinieri - sotto il coordinamento del procuratore capo Mastelloni, unitamente al pm Frezza - è il riciclaggio e non il concorso esterno in associazione mafiosa né tanto meno l’associazione a delinquere di stampo mafioso.

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