Pierluigi Cappello e la libertà di volare con le parole

Il poeta friulano sarà ospite a Pordenonelegge con il libro autobiografico “Questa libertà”
Di Alessandro Mezzena Lona

di Alessandro Mezzena Lona

Poteva finire lì, la sua vita, in un letto d’ospedale. A 16 anni, con la schiena spezzata da un’incidente in moto. Con le gambe che non rispondevano più e il pensiero terribile, nascosto in un angolo buio fatto di parole senza voce, che lui, Pierluigi Cappello, non sarebbe più stato capace di camminare. E tantomeno correre, saltare. Addio cento metri voltati in undici secondi e quattro. A mai più nuotate libere nel fiume.

«Sedici anni, fine pena mai». Se lo ripeteva spesso, Pierluigi Cappello, mentre il tempo scorreva lentissimo in quella stanza d’ospedale. E chi non si sarebbe disperato a immaginare un futuro da dividere tra la sedia a rotelle e il letto? Poi, un giorno, gli venne in mente un libro che aveva fatto da trampolino alla sua fantasia quando ancora stava bene. Quando andava a trascorrere pomeriggi interi al fiume. Standosene rincantucciato, prima di fare un bagno, tra le fronde di un albero. Quel romanzo era “Moby Dick” di Herman Melville. Una finestra spalancata sull’avventura, un viaggio mentale verso le acque dell’oceano.

Ed è stato lì, tra le parole, che Cappello ha trovato un appiglio al quale aggrapparsi. Pagina dopo pagina, lo sguardo ostruito dalle sponde del letto ha iniziato ad alzarsi in volo. Ad andare oltre la realtà, per provare a sperare ancora. Per costruire un nuovo orizzonte dal quale partire giorno dopo giorno. Quando la disperazione avrebbe potuto spazzarlo via, ha preso forma il Pierluigi poeta. Quello che, anni dopo, ha vinto il Montale Europa e il Viareggio-Rèpaci. Quello che ha saputo conquistare anche i critici più arcigni con i versi di “Dittico”, “Assetto di volo”, “Mandate a dire all’imperatore”.

E adesso, la storia di questo uomo che dal Friuli ha saputo imporre la sua voce, senza quasi mai potersi spostare dalla sua casa, prende forma in un libro bello e personalissimo. Che Pierluigi Cappello ha scritto pur tra mille dubbi: «Mettere il poeta al banco di prova di una scrittura narrativa, in prima battuta mi era parsa una sfida un poco folle». Ancorando alle pagine di “Questa libertà”, pubblicato da Rizzoli (pagg. 175, euro 16), non solo il racconto degli anni difficili e beati dell’infanzia, della scoperta dei libri, del precipitare nel gorgo dell’invalidità e della disperazione. Ma anche il ritratto di un Friuli povero, orgoglioso, mai rassegnato, che il terremoto del 1976 ha provato a spazzare via in due riprese. E che proprio dalle macerie, dai morti, dalla solitudine, è ripartito con incredibile coraggio.

Di “Questa libertà”, Cappello parlerà a Pordenonelegge domenica 22 settembre. Con lui, al Teatro Verdi, saranno Stas' Gawronski e l’attore Giuseppe Battiston, che leggerà alcune pagine del libro. Il giorno prima, sabato 21 alle 17 all’Auditorium Istituto Vendramini, il poeta dialogherà sulla sua raccolta di versi “Azzurro elementare” con la regista Francesca Archibugi e con Gian Mario Villalta.

Libertà, per Cappello, è stata la scoperta che esisteva una frontiera impalpabile. Molto al di là della casa di famiglia a Chiusaforte, del silenzio dei monti e dei boschi, del rumore dei giochi e de. lle risate. Un mondo fatto di segni sulla carta, di parole che hanno corpo, oppure no. Perché ci vuole sempre qualcuno che, per dar loro spessore e forza, metta in campo la propria carne, il sangue, le debolezze che segnano ogni essere vivente.

Con le parole, Cappello ha cominciato a capire il valore di quella casa che saliva lentamente dalla terra al cielo. E che un giorno, all’improvviso, il boato del terremoto avrebbe ferito a morte. Ma ha saputo anche dare forma ai ricordi più semplici: l’arrivo della lavatrice in casa, il destino impietoso toccato all’uomo che costruiva le gerle, la meraviglia nascosta dentro i volumi dell’enciclopedia che suo padre acquistò un giorno.

L’incidente, la perdita dell’uso di metà corpo, l’hanno spinto sempre più sopra il tappeto volante delle parole. Da cui Cappello ha iniziato a guardare la realtà come se fosse possibile liberarla dal superfluo. Per tracciarne il ritratto con un penna, su dei fogli di carta. Lasciando che i segni diventino poesia.

alemezlo

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