Più facile emigrare in Germania, sale il timore del grande esodo

Berlino apre le porte a lavoratori qualificati extra-Ue: sei mesi per cercare impiego. Da Belgrado a Sarajevo, categorie economiche in allarme: «Noi senza addetti»

BELGRADO C’è molta confusione di questi tempi, sotto i cieli d’Europa. Ci sono Paesi che vogliono chiudersi in sé stessi, sigillando le frontiere. Altri, come la Germania, che vanno in controtendenza per accaparrarsi lavoratori qualificati extra-Ue. E i Balcani intanto guardano con estrema preoccupazione a quest’ultimo sviluppo.

È lo scenario che si sta delineando dopo che la “Grosse Koalition” a Berlino ha trovato un accordo storico sulla riforma delle norme sull’immigrazione. L’idea di fondo è che gli stranieri extra-Ue possano essere una risorsa per un’economia che ha bisogno di forza-lavoro come quella tedesca. Sono 1,6 milioni - stime di marzo della Camera dell’Industria e del Commercio - i posti di lavoro da coprire. E allora la via è obbligata. Berlino accorderà in futuro «sei mesi di tempo per cercare lavoro in Germania» a migranti qualificati provenienti da Paesi extra-Ue, ha annunciato il ministro degli Interni, Horst Seehofer. Ossia: si potrà andare in Germania da Paesi extra Ue anche senza avere già un’offerta di impiego in tasca, come avviene ora. E senza che venga data la precedenza a lavoratori tedeschi e Ue. Uniche condizioni, conoscere la lingua tedesca, avere esperienza e qualifiche spendibili nel proprio settore – leggi, un ingegnere non potrà lavorare in un bar - e alta professionalità. Oltre ai soldi per mantenersi per sei mesi.

Le modalità di realizzazione del progetto - ad esempio sul fronte-visti - devono ancora essere decise. Ma nell’attesa di chiarimenti, i Balcani extra-Ue – prosciugati da culle vuote e partenze verso l’estero e storico bacino di emigrazione, per la Germania soprattutto – tremano già. In Bosnia la stampa locale ha parlato di «catastrofe demografica» incombente a causa «delle nuove regole tedesche» e di imminente «esodo» della migliore gioventù. «Sapevamo che la Germania stava pianificando» misure del genere, si tratta di strumenti che «porteranno» a Berlino «quanto rimane della forza lavoro» specializzata, ha lanciato l’allarme Tomislav Majić, presidente dell’Associazione per l’impresa e il lavoro di Mostar. «Risolveremo il problema disoccupazione, ma rimarremo senza lavoratori», ha rincarato l’analista Adnan Huskić.

Preoccupazioni simili in Serbia, dove i media hanno ricordato che sono stati già «200 mila i visti di lavoro» concessi a cittadini balcanici da Berlino «negli ultimi tre anni». E sensazioni simili a Pristina, dove solo nei primi mesi dell’anno sono stati 24 mila i kosovari a partire per la Germania dopo aver ricevuto un permesso di lavoro, «lasciando scoperte le aziende» in patria, ha denunciato la locale Camera di commercio. E le cose, per i Balcani, dopo l’«apertura» delle frontiere tedesche potranno solo peggiorare. —


 

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