Più italiani che stranieri all’Emporio della Caritas

Non solo persone senza fissa dimora, relegate spesso ai margini della società e quindi bisognose di un sostegno per soddisfare le esigenze più elementari. La fotografia scattata dall’Osservatorio della Caritas diocesana mette in evidenza un crescente aumento delle nuove povertà, di quelle fasce della popolazione che fino a qualche anno fa non erano costrette a richiedere aiuto alle Uot, le Unità operative territoriali del Comune di Trieste o alle realtà parrocchiali, divenute sempre più frequentemente un luogo dove affidare le proprie sofferenze, nel tentativo di evitare lo stigma dell’accesso ai servizi sociali.
Superare il confine fra l’indipendenza economica e l’indigenza a volte è un attimo. Basta la perdita del lavoro, un’improvvisa malattia o la rottura di un legame affettivo per trovarsi in ristrettezze. L’Emporio della solidarietà, aperto dalla Caritas locale nella primavera del 2013, è divenuto un osservatorio privilegiato di questi fenomeni. Nei locali del supermercato solidale, infatti, sono in costante aumento le persone che chiedono di accedere alla rete di distribuzione alimentare. La crisi morde e a portarne i segni e le ferite sono sempre di più gli italiani residenti. Nella struttura di via di Chiadino, per esempio, solo il 43,5% dei beneficiari del servizio è straniero. Un dato destinato ad aumentare, se si considera l’andamento di questi ultimi mesi. Fino a due anni fa, prima dell’apertura dell’Emporio il rapporto nel circuito della Caritas e degli altri enti assistenziali era 70% di stranieri e 30% di italiani.
In uno studio portato a termine dalle Caritas di Trieste, Udine, Gorizia e Concordia-Pordenone in collaborazione con Regione, Banco alimentare e Croce rossa italiana, emerge nettamente anche su scala regionale come la nazionalità non sia più un elemento distintivo del disagio negli ambiti assistenziali. Se si sposta il focus solo su Trieste, invece, si scopre che sono 46 gli enti che svolgono un servizio di distribuzione alimentare, il 60% dei quali è rappresentato da realtà ecclesiali, in gran parte parrocchie. L’86,5% delle richieste di sostegno a queste organizzazioni arriva da persone che fanno parte di un nucleo familiare, essendo evidentemente entrate in sofferenza nonostante la presenza di una rete parentale.
Il solo Emporio della solidarietà in poco più di un anno di attività ha accolto quasi 500 famiglie, per un totale di 1402 beneficiari. In 94 di questi nuclei, inoltre, è stata riscontrata la presenza di un disabile, fattore che acuisce il bisogno assistenziale. Generi alimentari, vestiario, accompagnamento economico ma anche ascolto e interventi domiciliari: le domande di aiuto sono tante e riguardano ogni aspetto della quotidianità di chi si trova in una condizione di difficoltà. Il Centro d’ascolto di via Cavana lavora a pieno ritmo per accoglierle tutte, per filtrarle e indirizzarle ai vari servizi competenti. Lo stesso fanno le dieci parrocchie con le quali l’Emporio si relaziona, in attesa che riparta la collaborazione con i Servizi sociali del Comune, dopo la proficua sperimentazione dei primi mesi di vita del supermercato solidale.
L’intero processo di assistenza trova linfa vitale nel mondo del volontariato, strumento indispensabile per il mantenimento di determinati servizi. Volontario è il responsabile dell’Emporio della solidarietà, Claudio Stoinich, e volontarie sono le persone che conducono in porto le giornate di raccolta alimentare, iniziative che due volte all’anno coinvolgono i clienti dei supermercati cittadini e che consentono di riempire gli scaffali della struttura di via Chiadino, sopperendo in questo modo alla conclusione del Pead, il programma europeo di aiuti alimentari agli indigenti dell’Unione europea che, attraverso l’Agenzia europea per gli aiuti alle persone bisognose (Agea), garantiva i rifornimenti di generi alimentari a lunga conservazione, distribuiti in regione dal Banco alimentare.
Se si esclude la raccolta alimentare, che è di gran lunga il principale sistema di rifornimento dell’Emporio, la Caritas ricorre alle donazioni dei privati, al contributo delle aziende, a generi sequestrati dalla Guardia di Finanza e al sistema di recupero dei prodotti in scadenza della grande distribuzione. Rispetto al recente passato i supermercati scelgono sempre più spesso di non liberarsi delle derrate prossime alla scadenza, ma di venderle scontate.
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