Più tutela agli antichi ruscelli nel nuovo Prg

Alvei e sponde dei torrenti di periferia saranno curati. E si pensa di riaprire alcuni canali del centro
Paolo Giovannini, Trieste 19/11/2011, Fiume della Val Rosandra.
Paolo Giovannini, Trieste 19/11/2011, Fiume della Val Rosandra.

“Prova a pensare un po’ diverso”, cantava Francesco di Giacomo in un vecchio disco del Banco del Mutuo Soccorso. E dunque immagina una via Carducci dove, ai bordi della carreggiata, scorra lieve un piccolo fiume d’acqua affiancato da una lunga teoria di alberi dalle chiome ombrose. Qualche panchina utilmente posizionata per la sosta ristoratrice, nuove aiuole e arredi, alcuni bar con tavolini e sedie disposti ai bordi del rinato corso d’acqua.

È il vecchio torrente Settefontane, che un tempo raccoglieva le acque di Cattinara, Melara e, più a valle, di Rozzol e Montebello, ripristinato in superficie all’altezza di piazza Garibaldi, che scorre tranquillo lungo una Barriera Vecchia dove i cittadini passeggiano senza affanno, e si congiunge ai portici di Chiozza con l’antico “Starebrech”, giunto al capolinea dopo aver raccolto le acque dei ruscelli del Farneto e dei versanti a est di Cologna e Scorcola.

Il torrente “Grande” prosegue la lungo l’ultima parte della via Carducci – un tempo “Contrada del Torrente” – per trovare il suo sbocco al mare nell’area di Portovecchio. Un sogno? Per la Trieste odierna, senz’altro. «Ma in altre città europee c’è una nuova attitudine, si riscopre il ruolo dei torrenti nei centri urbani», spiega il direttore dei Civici musei scientifici triestini e naturalista Nicola Bressi. «Si riconosce - continua - una funzione importante e rigeneratrice ai corsi d’acqua cittadini, la loro funzione ricreativa e ristoratrice, i suoni meravigliosi e soavi che l’acqua sa produrre, donando all’uomo quella serenità che consente l’elaborazione del pensiero. A Vienna – continua Bressi – l’amministrazione locale ha riportato alla luce alcuni torrenti sepolti sotto l’asfalto».

Così sta succedendo in altri centri del vecchio continente: il corso d’acqua ritorna alla sua naturale funzione di raccolta delle acque piovane e di ambiente utile a ospitare fauna e flora oggi relegate ai bordi di metropoli sudice e nevrotiche. Nella provincia di Trieste la gran parte degli antichi torrenti è scomparsa, oppure occultata in sarcofagi di calcestruzzo. Eppure rivoli di preziosa acqua continuano a solcare diversi fondovalle cittadini, quelli stessi che rappresentano per la fauna selvatica quei corridoi faunistici che consentono a caprioli e ad altre creature del bosco di far capolino in orti periferici e piazze suburbane.

Purtroppo colpevoli vandali scaricano nei letti dei torrenti immondizie e inerti. Non sanno, per esempio, che le acque triestine favoriscono gli insediamenti della rara libellula eroe (la più grande d’Europa), della salamandra pezzata, della felce di capelvenere. E che i vecchi “patoc” custodiscono lavatoi e altri manufatti dove le popolane lavavano quotidianamente i panni.

Sono ambienti di alto valore naturale e storico che nel nuovo Piano regolatore risultano tutelati. Particolare attenzione è stata dedicata agli impluvi e agli alvei, sponde e scarpate dei torrenti. Lo scopo del Comune è di tutelare le aree e di captare e regimentare le acque, salvaguardare le biodiversità e le aree naturali pregiate. Un primo passo per tentare di evitare disastri come quelli accaduti recentemente in Liguria e in altre parti del Paese, che non vieta di sognare il ritorno di placide e dolci acque non inquinate nel cuore del capoluogo.

Maurizio Lozei

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