Porto di Trieste, il Tribunale rigetta il ricorso del Coordinamento dei lavoratori: «L’esclusione non è antisindacale»

TRIESTE Il Clpt resta un sindacato non riconosciuto dall’Agenzia per il lavoro portuale di Trieste. È una sconfitta pesante quella rimediata in Tribunale dal Coordinamento dei lavoratori che aveva agito per condotta antisindacale contro l’Alpt.
Il giudice del lavoro di Trieste Paolo Ancora ha infatti rigettato il ricorso sostenendo anche – ed è l’aspetto di maggior rilievo – che non è stata fornita prova dell’attuale rappresentatività del sindacato.
La controversia legale nasceva dalla revoca del protocollo d’intesa siglato nel luglio del 2020 con l’Authority portuale che ammetteva il Clpt fra le organizzazioni legittimate a svolgere, a pieno titolo, attività in porto, riconoscendole diritti sindacali proprio come Cgil, Cisl, Uil, Usb e Ugl.
Revoca decisa a fronte del coinvolgimento del Coordinamento nelle iniziative di protesta dell’ottobre 2021 contro l’obbligo del Green pass per lavorare. Quando l’Authority aveva risolto l’accordo, tutte le società che ruotano attorno al porto avevano deciso di non riconoscere più il Clpt, dal quale nel frattempo si era dimesso il leader della protesta, Stefano Puzzer.
Quali le condotte antisindacali lamentate? L’esclusione dalla contrattazione di secondo livello per la stipula o il rinnovo degli accordi, la mancata concessione di permessi sindacali, la mancata trattenuta in busta paga agli iscritti della quota sindacale.
Nel ricorso dell’avvocato Nicola Sponza il Clpt affermava di essere il sindacato più diffuso in ambito portuale con oltre 300 iscritti, rimarcando che tale rappresentatività era stata espressamente riconosciuta proprio grazie al protocollo del 2020.
Un ricorso con i connotati dell’urgenza perché secondo il Coordinamento l’esclusione dalle contrattazioni per l’approvazione del contratto di secondo livello rischiava di ledere in maniera definitiva il diritto dei lavoratori iscritti di essere rappresentati, inoltre il mancato versamento delle trattenute «stava causando un dissesto economico al sindacato».
L’Alpt si è costituita in giudizio presentando una memoria difensiva curata dagli avvocati Daniele Compagnone, Giulio Mosetti e Nicola Galluzzi, sostenendo l’infondatezza del ricorso. Il giudice ha dato quindi ragione all’Agenzia con un’ordinanza articolata in 15 pagine che rigetta il ricorso.
Secondo Ancora, per verificare l’effettiva o maggiore rappresentatività del sindacato, nel caso in questione, l’unico criterio è il numero degli iscritti, ma il Clpt nel ricorso non è stato in grado di fornire dati certi su quanti siano: prima circa 300 iscritti nell’intera area portuale, poi 70 in Alpt, ma senza un dato aggiornato.
«La mancata trattenuta dallo stipendio – scrive poi il giudice – e dunque il mancato versamento della quota sindacale per oltre un anno senza attivazione alcuna da parte degli iscritti può essere chiaro sintomo di una volontà degli stessi di non continuare a sostenere il sindacato». «Alpt si era sempre resa disponibile – si legge nell’ordinanza – a valutare e ad accogliere le eventuali richieste dei lavoratori di versare a favore del sindacato il contributo economico, ma nessuno, a seguito della revoca del beneficio della trattenuta, aveva mai chiesto, nemmeno informalmente di devolvere alcun importo della propria retribuzione al Clpt».
Nel ricorso il Coordinamento non aveva chiesto espressamente che venisse dichiarato il recesso dal protocollo. Inoltre, i diritti sindacali non potevano discendere dal fatto che il Clpt aveva aderito al Tur (Testo unico sulla rappresentanza) in quanto l’Alpt non è iscritta a Confindustria. Ora il Clpt avrà dieci giorni per presentare reclamo.
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