«Porto S. Rocco non inquinò Acquario»

La società che fu di Romanelli condannata a risarcire le parti accusate di aver scaricato nel terrapieno materiali non inerti
Lasorte Trieste 15/09/11 - Muggia, Recinzione Acquario
Lasorte Trieste 15/09/11 - Muggia, Recinzione Acquario

di Claudio Erné

Un colpo da k.o. L’ha subito la società “Acquario srl”, da tempo in liquidazione e di cui per anni è stato leader e punto di riferimento Manlio Romanelli. Il colpo da k.o. glielo ha inferto la recentissima sentenza pronunciata dal giudice civile Anna Fanelli, che non solo ha respinto la richiesta di almeno 5 milioni di euro di risarcimento avanzata alla “Porto San Rocco spa”, ma ha anche condannato “Acquario” a risarcire con complessivi 160 mila euro le società e i manager che per sua iniziativa erano stati trascinati in giudizio.

A “Porto San Rocco”, dovranno esser versati 60 mila euro. Alla “Duino scavi srl” 48 mila; a Corrado Delben 24 mila, a Lucio Russio Cirillo 30 mila. Ma l’esborso sarà maggiore perché a queste somme deve essere applicata l’Iva.

La causa ha una antica origine, e si inserisce nella vertenza nata più di dieci anni fa quando Manlio Romanelli, allora amministratore unico, aveva puntato capitali e futuro sulla “valorizzazione” di un’area posta tra Punta Olmi e Punta Sottile, in Comune di Muggia. Lì su un enorme terrapieno nato da una discarica di materiali che dovevano essere “inerti”, avrebbero dovuto essere realizzati uno stabilimento balnerare, un albergo,una pista ciclabile, un paio di parcheggi e un’area verde dedicata al tempo libero e ai giochi dei bambini. All’epoca Romanelli era un uomo del centrodestra, o meglio un manager di fiducia dei vertici locali di Alleanza nazionale.

Come sia finita l’avventura di quell’area è sotto gli occhi di tutti. Nessun albergo, nessuna pista ciclabile, nessuna area verde dedicata ai giochi dei bambini. Solo un enorme recinto per ribadire che il terrapieno deve essere bonificato - probabilmente col denaro pubblico del Comune di Muggia che per il progetto ha stanziato già 80 mila euro - perché nelle sue profondità le analisi hanno segnalato la presenza di metalli pesanti e idrocarburi, incompatibili, nella percentuale misurata con il progetto di area verde.

Il vertice di Acquario ha ritenuto che la mancata realizzazione dello stabilimento, dell’albergo e della pista ciclabile, fossero addebitabili alla pessima qualità del terreno, prelevato dall’area che fu del Cantiere San Rocco per finire nella discarica posta tra Punta Olmi e Punta Sottile.

Il processo appena concluso ha invece dimostrato che non era così. Che il primo metro di spessore della terra inquinata del vecchio cantiere navale non è mai entrato nell’area di Aquario. Inoltre l’avvocato Giovanni Borgna, con il collega Aldo Laghi, ha dimostrato attraverso una perizia tecnica non solo che i volumi finiti tra Punta Olmi e Punta Sottile erano ben più consistenti di quelli rimossi e prelevati tra gli scali e gli edifici del cantiere. Anche l’analisi chimica ha dimostrato che una consistente quota di quanto è stato usato per l’interramento aveva caratteristiche ed anche, al suo interno, sostanze inquinanti molto diverse dal terreno su cui oggi sorge Porto San Rocco.

Ma non basta. Nella causa da cui è uscita sconfitta Acquario ha messo sul tavolo con i suoi legali, gli avvocati Alberto Kostoris e Ciro Carano, anche la questione degli oneri di bonifica. «Acquario - avevano scritto nella comparsa conclusionale gli avvocati di Porto San Rocco - non ha provato di aver speso alcunchè per le bonifiche. La sola società che ha documentalmente sostenuto questi costi è la Porto Sa Rocco, che ha predisposto, in contraddittorio con le pubbliche amministrazioni, il piano di catterizzazione del terrapieno».

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