Porto Vecchio, categorie prudenti: troppi vincoli
Dopo l’approvazione quasi unanime in Consiglio comunale sulla Variante 93 emergono le prime perplessità. Solo Paoletti è ottimista. Deruvo (Fipe): «Se non si sposta il Punto franco sarà tutto inutile». Bronzi (Confartigianato): assurdo progettare su una zona dove si accede con la carta d’identità
Il Porto Vecchio come volano dell’economia e motore di sviluppo della città? L’approvazione della Variante 93 al piano regolatore come evento «epocale» destinato a cambiare il futuro di Trieste? «Sognare è lecito, ma restare con i piedi per terra è meglio. L’intesa tra Comune e Autorità portuale è un passo in avanti importante, ma, allo stato attuale, lo scalo non è di certo appetibile per gli imprenditori. Avviare attività commerciali in un’area sottoposta a vincoli è impensabile. Si deve spostare il punto franco e rendere accessibile a tutti, senza controlli doganali e autorizzazioni, la zona destinata a ospitare i pubblici esercizi. Altrimenti il progetto sarà un fallimento totale».
Questo il coro delle categorie, che dopo il voto bipartisan in Municipio sulla Variante 93 al piano regolatore per il Porto Vecchio, ora frenano gli entusiasmi. Pur mostrando soddisfazione per la scelta del Comune, che «sta seguendo la strada giusta, dopo decenni di immobilismo», esercenti e commercianti chiedono più certezze. L’obiettivo è evitare che la rinascita dello scalo, che dovrebbe ospitare anche attività commerciali, turistiche e museali legate al mare e alla nautica, ma che resta comunque area demaniale e porto franco, finisca per essere un buco nell’acqua. «Tento di essere ottimista, ma in questo progetto ci credo poco - afferma Fulvio Bronzi, presidente di Confartigianato e di Fiera Trieste Spa -. Mi auguro che il Porto Vecchio dia nuovo smalto al commercio a Trieste, ma affinchè ciò avvenga serve una gestione intelligente dello scalo. È assurdo pensare a una zona a destinazione commerciale cui si possa accedere solo mostrando i documenti di identità - aggiunge Bronzi -. La gente non verrebbe a comprare e i fornitori non ci porterebbero nemmeno la merce. Se si vuole utilizzare il Porto Vecchio con buon senso - continua - bisogna garantire l’accessibilità ai negozi. Bisognerebbe far sì che l’ingresso degli esercizi sia situato al di fuori del porto franco. Solo in questo modo, ad esempio, la Fiera potrebbe trasferirsi in Porto Vecchio».
Cautela, dunque, sembra essere la parole d’ordine. Anche per Francesco Deruvo, presidente della Fipe: «Gli imprenditori devono avere le mani slegate, senza paletti e vincoli - spiega - altrimenti nessuno si avvicinerà allo scalo. Si deve assolutamente spostare il punto franco, altrimenti l’area non verrà mai restituita veramente alla città. Finalmente si è deciso di fare qualcosa di buono per Trieste, ma ora lo si deve fare bene. E inoltre - afferma Deruvo - è importante che la priorità per gli insediamenti commerciali venga data agli esercenti già operativi oggi, magari in periferia, e che vogliono trasferirsi in una posizione più centrale. Altri ristoranti, a Trieste, non servono. Ce ne sono già troppi».
Consapevole dei nodi da sciogliere, ma allo stesso tempo più ottimista, è invece Antonio Paoletti, presidente della Camera di Commercio. «Quello raggiunto in questi giorni è un accordo clamoroso - sottolinea Paoletti - senza precedenti in città, con cui si apre una strada nuova. Chiederò ufficialmente a Bronzi di fare domanda all’Autorità portuale per trasferire la Fiera in Porto Vecchio. Molti punti interrogativi rimangono - conclude - ed è necessario che l’area, pur restando demaniale, non sia porto franco. Ma sono sicuro che con calma ci arriveremo. Abbiamo fatto il primo passo. Poi faremo anche il secondo».
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