Portocittà torna all’attacco: troppi i silenzi dell’Authority

Comunicati, repliche, precisazioni, contrattacchi. A spada sguainata. L’«invito forte» rivolto dal sindaco Cosolini alle «parti in causa» affinché recuperino un rapporto resta per ora inascoltato. In una cornice che all’esplodere del caso Porto Vecchio vede emergere nette anche divergenze (non solo tra due, ma tra vari attori) finora tenute sottotraccia, e a poche ore dalla seduta del Comitato portuale, Portocittà torna a farsi sentire. Per ribadire che «non “rinuncia alla concessione” (espressione usata dalla presidente dell’Authority, ndr) bensì ne eccepisce la nullità contrattuale». Per ripetere di avere «adempiuto agli obblighi previsti dalla concessione attenendosi a quanto previsto dai cronoprogrammi delle consegne e delle opere». Per contrastare l’Autorità portuale anche sulle date, laddove Monassi ha dichiarato di avere appreso «con dispiacere dalla stampa» del passo di Portocittà, quando invece «dell’intenzione di invocare la nullità del contratto» l’Authority - è la smentita della spa - era stata informata già il 22 febbraio.
Ma poi, mentre gli avvocati sono al lavoro sul ricorso al Tar «notificato lo scorso venerdì primo marzo» quale preludio di una lunga battaglia legale, ecco: la lettera del 22 febbraio «rappresenta solo l’ultima in ordine di tempo di una fitta e spesso a senso unico corrispondenza intercorsa tra Portocittà e l’Autorità portuale negli ultimi due anni. Corrispondenza con cui Portocittà ha più volte manifestato le situazioni di incertezza, di complessità e di rinvii con i quali il concessionario si è venuto a scontrare nel tempo».
Questi i concetti che Portocittà esplicita per «chiarire» la propria posizione e «le motivazioni che l’hanno indotta» al Tar. A partire dal nodo primario, il punto franco che «non consente di sviluppare l’oggetto della convenzione», sebbene siglata a regime in vigore («Non si può firmare un contratto e dopo due anni accorgersi che non piace», ha detto Monassi). Ma «la presenza e la permanenza del porto franco impone il rispetto delle restrizioni correlate e quindi l’accesso è consentito - previo controllo - solo ai soggetti autorizzati. Ciò non rende permeabile il sito» e «di fatto impedisce lo sviluppo e la regolare esecuzione del progetto di riqualificazione», tiene il punto la spa costituita da Maltauro, Rizzani de Eccher, Banca Intesa e Sinloc. Laddove Monassi aveva definito «un alibi» il nodo giuridico, per poi ribadire come il punto franco sia «il punto forte», altro che debole, di Porto Vecchio.
Ma Portocittà va oltre: «La concessione prevedeva, nell’ipotesi in cui tutte le obbligazioni» dell’Authority «fossero rispettate, l’avvio dei lavori a partire dal prossimo novembre». Monassi ha ricordato che tutto era pronto, alla data fissata di venerdì scorso, per la consegna delle aree previste, dopo uno sgombero condotto facendo «salti mortali». «L’indisponibilità della società a presenziare» alla consegna del “secondo stralcio” - ribatte la spa - «era stata già ampiamente argomentata» in due lettere del 22 e del 27 febbraio. Di più, «tali aree avrebbero dovuto essere consegnate libere» dall’Authority «ancora il 25 maggio 2012». E «la dilazione al primo marzo è stata unilateralmente adottata senza tenere in considerazione le differenti richieste avanzate dalla società e in considerazione del fatto che comunque prima di quella data le aree non sarebbero state libere». La battaglia continua. Pronta ad approdare in tribunale.
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