Positivi in famiglia ma lei va al lavoro Rabbia e polemiche al Cisi di Gradisca

Il direttore Merzliak attacca l’impiegata-sindacalista e le richieste di smartworking. La Uil: «Riguarda gli uffici» 
Bumbaca Gorizia Gradisca, villa Olga
Bumbaca Gorizia Gradisca, villa Olga

Luigi Murciano / GRADISCA

Ore di apprensione per il Consorzio Isontino Servizi Integrati. I 22 dipendenti della sede centrale Cisi di Gradisca d’Isonzo sono stati sottoposti d’urgenza al test del tampone dopo che una collega (con mansioni di ufficio e dunque teoricamente non a contatto con l’utenza) si è recata in servizio nonostante avesse in famiglia due congiunti sintomatici risultati positivi ai test. Una situazione che è stata denunciata con toni decisamente forti dal direttore del consorzio pubblico che gestisce i servizi alla disabilità nell’Isontino, Saverio Merzliak, e che ha gettato nel panico i dipendenti.

«Una situazione di una gravità inaudita – tuona Merzliak –. Venendo in sede, nonostante non sapesse se i due congiunti sintomatici fossero negativi e di conseguenza non sapendo se lei stessa fosse positiva, la sindacalista ha messo a rischio fra gli altri la salute della responsabile del Servizio delle strutture e del Servizio sociale, con marito in servizio presso una Casa di Riposo e figli in età scolare, la vicina di stanza, interlocutrice “unica” con il Dipartimento di Prevenzione per tutta la complessa azione di screening e controllo delle positività in tutti i Centri diurni e Strutture per disabili, un collega con diabete cronico, due colleghe che lavorano a contatto con lei e infine altre quattro altre colleghe che lavorano sul piano». E aggiunge: «Tutte persone – argomenta Merzliak – che hanno a loro volta famiglie, bambini a scuola, nonni».

L’esito dei 22 tamponi ieri stava arrivando alla spicciolata. Al momento, dopo quello negativo dell’esame diagnostico, avevano potuto recarsi al lavoro tre funzionari – fra cui lo stesso Merzliak – e un’impiegata. «Tutto ciò che ci è stato comunicato è che sino a lunedì prossimo non conosceremo l’esito del tampone della dipendente. Quindi al momento non posso escludere che, in caso di contagi, non si arrivi a una chiusura o un ridimensionamento degli orari nella sede centrale, con conseguente disservizio».

Nella sua presa di posizione al vetriolo, il direttore Cisi ha rimarcato più volte che la dipendente ha anche un ruolo sindacale. «Mi attendo il rispetto delle regole da tutti i dipendenti ed operatori, e tanto più da una sindacalista. Speriamo non abbia contagiato nessuno, non avendo applicato le regole che vigono nei nostri servizi: regole che valgono per gli operatori e per gli utenti dei servizi semiresidenziali – il duro j’accuse – ma figuriamoci se valgono per i sindacalisti, impegnati in una dura battaglia: fare un accordo perché il 50% almeno dei lavoratori (pubblici) lavori da casa. Mi spiegheranno come si gestiscono servizi alla persona stando lontani dalle persone».

Richiesto di un parere, Michele Lampe, responsabile della Uil Fpl Fvg per il comparto unico, commenta: «Premesso che la dipendente in questione non risulta essere una nostra delegata o affiliata, spiace che da parte della direzione del Cisi si sia voluto puntare ripetutamente il dito sul ruolo di rappresentante sindacale della persona in questione. Si tratta di una persona (e di una dipendente) che sicuramente ha commesso un grave errore – commenta Lampe –. Se ha violato un protocollo interno del Cisi, ne risponderà a livello disciplinare. Se ha violato qualche normativa regionale o statale, questo invece dovrà eventualmente essere stabilito nelle sedi opportune, civili o penali. Quanto alla polemica sullo smartworking – conclude Lampe – mi preme precisare al direttore del Cisi che i sindacati non chiedono certo che a lavorare da casa siano coloro che hanno un ruolo strategico nell’assistenza come educatori, infermieri e Oss, ma solo gli impiegati». —

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