Presi fuori dalla gioielleria prima del colpo

Due intuizioni per tre arresti. Tre sono infatti i banditi catturati l’altra mattina dalla polizia quando due di loro (il terzo aspettava in macchina) erano ormai sulla porta della gioielleria che avevano scelto il giorno prima come teatro del loro assalto. Un assalto - stando a precedenti avvenuti in altre zone d’Italia che gli inquirenti attribuiscono direttamente a loro o a membri appartenenti allo stesso “giro” criminale - che se non fosse stato stoppato per tempo si sarebbe rivelato particolarmente brutale, pericoloso per il gioielliere, a colpi di spray urticante e pugni in faccia. A proposito di gioielliere: è stata sua la prima delle due intuizioni che alla fine hanno portato al blitz degli agenti in borghese. Non un eroe per caso, insomma, bensì per consapevolezza, anche se di passare per eroe lui non ne ha evidentemente voglia, dal momento che ieri, in occasione della conferenza stampa in Questura in cui sono stati illustrati i dettagli di tale operazione, il capo della Squadra mobile Marco Calì e il suo vice Fabio Soldatich ne hanno tenuto riservata l’identità, su disposizione della Procura della Repubblica da dove invece era appena arrivato l’ok alla diffusione delle foto dei tre ladri, tutti giovani, tutti di nazionalità lituana, dunque comunitari.
Esattamente il giorno prima del braccaggio della banda, in effetti, il commerciante aveva contattato la polizia: “Nel mio negozio sono entrati due uomini stranieri che mi hanno destato dei sospetti, si guardavano intorno, sembrava come se stessero facendo un sopralluogo”. I fotogrammi di quanto le telecamere avevano registrato proprio in quei momenti “sospetti” sono stati incrociati con le immagini presenti nei database del Viminale. Ne è venuto fuori che almeno una delle facce era di un uomo ritenuto responsabile di una sanguinosa rapina in una gioielleria di Modena a fine novembre, una rapina peraltro dal marchio di fabbrica tipico di determinate bande di predoni dell’Est, lituani in particolare. Ecco la seconda delle due intuizioni, quella di polizia giudiziaria. A quel punto era ormai in moto la macchina investigativa, coordinata in Procura dal pm di turno Lucia Baldovin e portata avanti sul campo dagli agenti della Quarta sezione della stessa Squadra mobile, specializzati nel contrasto dei reati contro il patrimonio.
Tra attività “tradizionali” di cosiddetto “monitoraggio” sul territorio e pedinamenti si arriva così all’epilogo di mercoledì mattina: una decina di poliziotti in borghese si è disposto a gruppetti senza dare nell’occhio nella zona della gioielleria “visitata” il giorno prima, mentre tutt’attorno, lungo le direttrici stradali, le “pantere” della Squadra volante erano dislocate nei punti più giusti nel caso si sarebbe concretizzato un inseguimento. Non ce n’è stato bisogno: due dei tre ladri, una volta individuati nei paraggi del negozio, sono stati via via accerchiati senza che se ne accorgessero e sono stati “placcati” praticamente sulla porta prima che avessero il tempo di accennare a una reazione. Nello zaino, come ha riferito Calì, avevano «il kit del perfetto lituano rapinatore», poi sfoggiato dalla polizia ieri alla conferenza stampa: spray urticanti per cominciare prima di passare ai pugni, guanti per rompere i vetri e arraffare gioielli e meglio ancora orologi di prestigio, un “passepartout” per forzare all’occorrenza piccole casseforti, nastro adesivo per tappare le bocche e fascette da elettricista per legare le mani. Un kit, un programma. Un marchio di fabbrica, come detto.
Beccati i primi due, è scattata la caccia al terzo uomo, a colui che doveva essere in auto, da qualche parte, ad aspettare. Gli investigatori della Mobile l’hanno rintracciato al volante, col motore spento, nel piazzale dell’ex piscina Bianchi, su un’Opel Astra grigia battente targa a sua volta lituana. Neppure lui ha opposto resistenza. Il tom-tom era già impostato su una destinazione estera, in Macedonia, dove forse avevano già in agenda un appuntamento con un qualche ricettatore. Portati in Questura hanno mantenuto un’aria che il capo della Mobile definisce «strafottente verso la legge, un atteggiamento che dire spocchioso è poco, che considerare spregiudicato è un eufemismo». Sfacciati, insomma. Del resto agiscono a volto scoperto, di giorno, in pieno centro (come in questo caso), e continuano finché non vengono arrestati la prima volta in Italia. Poi, evidentemente, cambiano aria. Sì perché sanno, dal sentito dire dei “colleghi” che li hanno preceduti, che si rischia, si può finire anche dentro, ma alla fine, se si è incensurati, si esce. E qui nulla possono poliziotti dal fiuto giusto, né magistrati, né commercianti-eroi.
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