PROCESSO BREVETrieste, il parere del giurista Grosso: "C’è solo da sperare nella Consulta"
Intervistato da "Il Piccolo", l'avvocato Carlo Federico Grosso, ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e oggi docente all’Università di Torino, non nasconde le sue perplessità in merito al disegno di legge sul processo breve approvato dal Senato: "Gli effetti saranno esattamente quelli di un’amnistia, soprattutto per i processi in corso"

Carlo Federico Grosso
TRIESTE.
Un’amnistia, non formale ma di fatto. L’avvocato Carlo Federico Grosso, ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura e oggi docente all’Università di Torino, definisce così il ddl sul processo breve approvato dal Senato. «Gli effetti saranno esattamente quelli di un’amnistia, soprattutto per i processi in corso».
L’Anm parla di “resa alla criminalità”.
E’ d’accordo?
E’ d’accordo?
"Siamo di fronte a una vergogna che non è nemmeno il caso più di commentare. Se la legge sarà approvata così com’è uscita dal Senato, ci saranno disastri nella conduzione quotidiana della giustizia. La speranza è che la Corte Costituzionale sia veloce nel rilevare la sua palese illegittimità".
Quali sono gli elementi che la rendono incostituzionale?
"Innanzitutto il fatto che certi reati non rientrano nella norma. Immigrazione clandestina e associazione a delinquere non saranno oggetto del cosiddetto processo breve, altri reati, compresi quelli erariali, sono dentro. Il principio secondo cui la legge è uguale per tutti finisce per cadere. Ma sono tanti gli aspetti che non convincono".
Per esempio?
"L’applicazione della norma ai processi in corso. Il rischio è di chiudere tanti procedimenti solo perché inizialmente non sono stati parametrati alle attuali regole. Ma d’altro canto l’obiettivo della norma è semplicemente quello di salvare il presidente del Consiglio dai suoi problemi con la giustizia. I fautori della legge sostengono che i tempi della giustizia italiana sono troppo lunghi.
L’obiettivo di contenere i tempi della giustizia è da perseguire anche se dovrebbe riguardare soltanto i processi futuri. Ma non è in questo modo che si risolvono i problemi; servono risorse, una nuova organizzazione e una semplificazione legislativa altrimenti il limite di tempo imposto finisce per diventare una prescrizione generalizzata. L’idea stessa di porre un limite temporale è concettualmente sbagliata".
In che senso?
"Ci sono processi nei quali possono servire tempi più lunghi per ascoltare testimoni o per delle perizie, in altri no. Non ha senso prevedere un tetto di tempo perché da una parte può essere sufficiente e dall’altra no. Sarebbe come fare una prognosi di 20 giorni per un paziente e mandarlo fuori dall’ospedale anche se sopraggiungono complicazioni".
Berlusconi non intende fermarsi qui. E se tornasse di moda il lodo Alfano?
"È un altro provvedimento che lede il principio di uguaglianza tra i cittadini anche se qualcuno lo ritiene un male minore rispetto al processo breve".
Il premier parla della magistratura come di un ”plotone di esecuzione”. Come commenta?
"Non è la prima volta che Berlusconi contrappone l’attività dei magistrati alla forza che deriva dall’investitura del voto popolare. Ma in una democrazia tutti, anche chi riveste responsabilità istituzionali, devono essere uguali davanti alla legge".
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